VICO EQUENSE. I rifiuti depositati sul monte Faito destinati ad essere rimossi in tempi brevi. È quanto rende noto il Wwf Terre del Tirreno attraverso una nota diffusa nel primo pomeriggio di oggi. L’associazione da tempo combatte una battaglia per eliminare quella che definiscono la “discarica della vergogna”.
Di seguito il comunicato del Wwf Terre del Tirreno.
Apprendiamo con gioia, da una nota pervenuta dall’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Meridionale, dell’esistenza di un nuovo piano di riutilizzo del materiale detritico depositato nel bosco del Faito, quale inerte di sottofondo da utilizzare per la costruzione del rilevato stradale per una nuova rampa di collegamento tra la S.P. n.500 e la S.P. n.1 nel Comune di Melito (Na) in fase di realizzazione da parte della Città Metropolitana di Napoli.
Era stata la stessa Autorità di Bacino a sollecitare, dopo una nota del 6 maggio 2019, un ennesimo incontro tra i vari enti presso gli uffici della Città Metropolitana di Napoli per decidere il da farsi sulla “discarica” creata sul Monte Faito. L’Autorità di Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale infatti, a seguito di un sopralluogo scaturito dalla denuncia del WWF, aveva prodotto una relazione tecnica in cui consigliava la rimozione del materiale!
L’idea iniziale della città metropolitana, tanto malsana quanto sbrigativa, scaturita da una conferenza di servizi, era invece quella di lasciare i rifiuti sul sito e, al solo fine di migliorare l’aspetto estetico, pareggiare la superficie ricoprendola di terreno e piantando sopra essenze vegetali “… affinché eventuali futuri sversamenti di materiali di risulta, già riscontrati, risultino evidenti e da non confondere con gli inerti accumulati in loco!”
Una volta spalmati al suolo i rifiuti e nascosti sotto il terreno al di sopra si sarebbe creata un’area pic-nic con staccionate e tavolini.
A sottolineare la necessità e importanza di dover redigere una valutazione d’incidenza, essendo l’area in oggetto inserita in zona SIC, ZPS e zona B del parco, era stato il presidente stesso del Parco Regionale dei Monti Lattari Tristano Dello Ioio.
Nel frattempo, tra incontri, conferenze e scambi di corrispondenze tra enti vari, la discarica è rimasta lì, per quasi un anno e mezzo (!!!), in bella mostra di turisti ed escursionisti del tanto decantato Monte Faito. Per tale motivo una rappresentanza del WWF Terre del Tirreno e dei VAS a luglio era tornata sulla montagna, per protestare contro la discarica della vergogna e denunciare gli sversamenti fuorilegge, ricollocando lo striscione di protesta già affisso in una nevosa giornata di fine gennaio ma sabotato, dopo soli pochi giorni, da chi forse non voleva troppi clamori su questa storia!
“Il Faito è divenuta ormai la montagna simbolo del Parco Regionale dei Monti Lattari, si affaccia sulla Costa d’Amalfi e Sorrento, con vista sul Vesuvio e Golfo di Napoli, uno dei posti più belli della Campania che andrebbe tutelato e non usato come discarica! Con lo sversamento di tonnellate di pietre, miste a materiali edili da risulta e rifiuti vari – ha spiegato Claudio d’Esposito Presidente del WWF Terre del Tirreno – le piante del sottobosco sono state letteralmente sepolte! L’habitat alterato ormai da lungo tempo ha compromesso assieme alla flora vascolare spontanea, erbacea ed arbustiva, anche la microfauna rappresentata da invertebrati, insetti, rettili, anfibi e piccoli mammiferi. Perché, è bene ribadirlo, qui non stiamo parlando dell’area di sosta di un cantiere, ma di un soprassuolo boschivo di un parco naturale protetto compreso in un Sito di Interesse Comunitario. Apprendere ora di un nuovo piano di riutilizzo del materiale basato, come richiesto dall’Autorità di Bacino, su nuove apposite indagini per la caratterizzazione del materiale detritico, ci fa ben sperare!!!
Resta comunque lo sconforto di dover constatare come, a distanza di quasi un anno e mezzo dai fatti, nessuno sia presa la briga di valutare l’ipotesi di porre sotto sequestro quella che da subito è apparsa una vera e propria discarica a cielo aperto nel parco! Sembrerebbe che l’approccio al problema sia stato, ancora una volta, quello di gestire le denunce e non già di applicare la legge. In ogni caso siamo fiduciosi ora di ottenere la completa bonifica del sito deturpato.”
Il WWF, il 21 gennaio 2019, aveva infatti inviato un ulteriore esposto alla Procura della Repubblica, alla Direzione Generale per i Rifiuti e l’Inquinamento del Ministero dell’Ambiente e al Comando Regione Carabinieri Forestale della Campania, chiedendo un urgente intervento atto ad accertare fatti e responsabilità, anche di carattere omissivo da parte della pubblica amministrazione, valutando l’ipotesi di porre sotto sequestro l’intera area onde evitare che si procedesse alla stesura al suolo e all’occultamento dei rifiuti secondo le decisioni già prese in conferenza dei servizi.
Sulla vicenda era stata depositata anche un’interrogazione al Ministero dell’Ambiente a firma dell’onorevole Carmen Di Lauro… affinchè si facesse luce sullo scempio che si sta consumando sul Faito, ossia quello di una bomba ecologica che giace all’ombra dello stesso monte: una discarica a cielo aperto composta da detriti e materiale tossico tra cui anche l’amianto.
Meta, 29 agosto 2019
LA STORIA DELLA DISCARICA DEL FAITO
I primi appelli e denunce risalgono all’estate 2018, quando gli ambientalisti segnalavano come in località Monte Faito, in via della Fattoria nei pressi del centro sportivo, nel sito adiacente al parco giochi e all’area della festa della castagna, fosse presente un deposito al suolo di enormi cumuli di materiali pietrosi trasportati e sversati dopo le frane causate dagli incendi e dalle successive precipitazioni, ed a seguito delle operazioni di sgombero della strada per il Faito (ex Statale 269).
Nell’esposto del WWF si sottolineava e documentava con foto come il materiale (n.d.r. che giace al suolo dal 20 aprile 2018) contenesse oltre a terreno e pietre anche rifiuti e materiale edile da risulta di vario genere, tra cui alcuni manufatti in cemento-amianto (eternit) probabilmente depositati da ignoti nel sito non sottoposto ad alcun controllo o sorveglianza.
Dopo le denunce, nell’ottobre 2018, in una lettera a firma del Presidente del Parco Tristano dello Joio e del dr. Malafronte inviata al Comune di Vico Equense, alla Regione Campania, ai CCF di Castellammare di Stabia, al Comando Stazione Carabinieri di Vico Equense e, p.c. alla DG Difesa Suolo e alla UOD Gestione delle Risorse Naturali della Regione Campania, si chiedeva di rimuovere il materiale dal soprassuolo boschivo del Parco.
Tuttavia, fregandosene della richiesta dell’ente parco, in una successiva conferenza dei servizi indetta il 7 dicembre 2018, la Regione Campania Genio Civile e Difesa Suolo e l’Ente Parco Regionale dei Monti Lattari rappresentati dal dr. Malafronte (n.d.r. lo stesso che a ottobre aveva chiesto la rimozione dei rifiuti!), il Comune di Vico Equense rappresentato da Gennaro Cinque, l’ARPAC con la dott.ssa Fabrizia Giovinazzi e la Città Metropolitana di Napoli rappresentata dall’ing. Giancarlo Sarno, deliberavano di “spalmare” i materiali della discarica nel sottobosco del parco, in un’area fragilissima dove per legge è vietato attivare discariche per qualsiasi tipo di rifiuti!
Da tale riunione risultava infatti che l’ARPAC dava il suo avallo ad un piano di riutilizzo del materiale, non essendoci nulla da eccepire in quanto la caratterizzazione analitica allegata al piano di riutilizzo rientrava nei valori di concentrazione soglia di contaminazione. La conferenza dava quindi parere favorevole affinchè il materiale in questione, definito detritico di natura calcarea proveniente dalla frana che ha interessato la ex. SS 269 “del Faito” nel novembre 2017, non solo non venisse rimosso dall’attuale sito ma, nell’ottica di un suo riutilizzo, fosse steso al suolo, previa costipazione e stabilizzazione al fine di colmare/modificare una depressione ivi presente.
E quando nel gennaio di quest’anno il WWF scriveva al Parco per richiedere accesso agli atti delle analisi effettuate sui materiali e del piano di recupero, il presidente Tristano Dello Joio rispondeva facendo presente di essere venuto a conoscenza dello sversamento solo a cosa fatta senza mai essere stato interpellato e chiariva che gli atti inerenti le analisi dell’ARPAC e il piano di recupero non erano mai stati inviati all’ente parco!
Sulla vicenda era intervenuto anche l’assessore ai lavori pubblici del Comune di Castellammare, scrivendo sia all’Ente Parco che al Comune di Vico Equense per chiedere l’eliminazione della bomba ambientale.
Di seguito stralcio dalla denuncia WWF di gennaio 2019:
Considerato che
• l’intero territorio del Comune di Vico Equense è stato dichiarato di notevole interesse paesaggistico con D.M. ai sensi della legge 1497/39 e ricade nell’ambito di efficacia del P.U.T. per l’Area Sorrentino-Amalfitana statuito con la L.R. n. 35/87;
• il sito in oggetto ricade in zona B (Area di riserva generale) del Parco Regionale dei Monti Lattari le cui Norme Generali di Salvaguardia, all’art.2 lett. a) Tutela dell’ambiente: Cave e discariche, recita: “E’ vietato … attivare discariche per qualsiasi tipo di rifiuti” … “per il recupero e la ricomposizione ambientale delle cave dismesse … è consentito smaltire rifiuti provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi, purchè privi di materiali tossici e pericolosi”…“Sono vietati i movimenti di terra di qualsiasi genere” … “E’ vietato abbandonare rifiuti di qualsiasi genere”; e alla lettera d) Protezione della flora: “E’ vietato raccogliere e danneggiare la flora spontanea erbacea ed arbustiva”
• appare evidente, se non scontato, che il deposito/discarica di tonnellate di materiale detritico e rifiuti al suolo protratto per 9 mesi (!) ha, senza ombra di dubbio, arrecato un danno al sottobosco naturale, ovvero alla “flora spontanea erbacea ed arbustiva”!!!
• il sito rientra in area SIC “Dorsale dei Monti Lattari” (cod. IT 8030008) dove, per qualsiasi intervento potenzialmente capace di limitare la naturalità del sito, è richiesta una valutazione di incidenza ambientale VIA che garantisca che l’intervento non pregiudichi l’integrità del sito in causa;
• l’area rientra nell’ambito del PSAI dell’Autorità di Bacino Campania Centrale in zona classificata P2 – pericolosità da frana moderata e R2 – rischio frana medio (Tav. 466102);
• le opere realizzate hanno di fatto comportato una grave modifica dello stato dei luoghi;
• il deposito di rifiuti così come realizzato, per quantità e qualità del materiale e durata nel tempo, non può di certo rientrare nella classificazione di “deposito provvisorio” ed appare pertanto in contrasto con le normative di tutela dettate dal D.lgs. 152/2006;
Si chiede di conoscere:
• chi ha di fatto autorizzato e realizzato il deposito di rifiuti in questione;
• la procedura tecnico-amministrativa seguita per l’affidamento/gestione delle operazioni di movimentazione, trasporto e scarico al suolo dei materiali;
• se si è verificato l’accreditamento del laboratorio di analisi (I.R.S.A.Q. S.r.l.) e la sussistenza di tutti i requisiti richiesti, a garanzia della competenza, indipendenza e imparzialità dell’organismo di certificazione, ispezione e verifica, sulla base della norma internazionale ISO/IEC 17011 e del Regolamento europeo 765/2008. Ovvero se le analisi chimico-fisiche sono state condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute per tutto il territorio nazionale. In Italia l’Ente Unico di accreditamento designato dal governo è Accredia a cui è stato conferito uno status giuridico, come espressione di pubblica autorità;
• se si è tenuto in debito conto il fatto che le analisi della caratterizzazione dei materiali parrebbero, per quanto di nostra conoscenza, effettuate prima che il materiale venisse trasportato/delocalizzato sul sito attuale;
• se si è accertata o meno l’ipotesi che, oltre alle pietre e al terreno provenienti della frana, sia stato sversato anche materiale edile da risulta, come qualcuno del posto avrebbe osservato;
• se si è tenuto in debita considerazione il fatto che alcuni rifiuti, individuati e fotografati dai nostri volontari nel cumulo sul monte Faito misti al terreno e alle pietre, siano stati abusivamente sversati dopo il trasporto del materiale dal sito di Moiano sulla montagna;
• se si è tenuto in debita considerazione la circostanza che, vista la portata altamente tossica del materiale in amianto a causa delle fibre e della polvere di asbesto, anche pochi elementi di tale materiale, per quanto frammisti al cumulo di pietre e terreno, costituiscano un grave pericolo per la salute dell’uomo;
• se si è tenuto in debita considerazione il rischio che i manufatti in amianto (che apparirebbero in foto) possano con la loro progressiva disgregazione, proprio per l’esposizione agli agenti atmosferici e il contatto diretto col suolo, andare a contaminare l’ambiente circostante
• se si è tenuto in conto, in relazione ai materiali/rifiuti segnalati e documentati in foto nelle denunce, del rispetto dei parametri risultanti dall’esame nei valori limiti di legge per poterli depositare sulla montagna, confrontati con le Concentrazioni Soglia di Contaminazione di cui alle colonne A e B, Tabella 1, Allegato 5, al Titolo V, della Parte IV, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con riferimento alla specifica destinazione d’uso urbanistica;
• se si è tenuto in debito conto che il deposito protratto nel tempo anche dei soli materiali pietrosi sul suolo boschivo avrà un grave impatto sulle componenti ecologiche ed ecosistemiche del sito andando, di fatto, ad alterare la geologia e la composizione degli strati superficiali del terreno vegetale, incidendo sulle entità faunistiche e vegetazionali endemiche e tipiche della regione biogeografica di appartenenza favorendo altresì l’insediamento di specie alloctone e pioniere.