L’Antica Sartoria dopo l’Isca acquista il Pianosa

pianosa

Organizzare escursioni all’isola de l’Isca a bordo del Pianosa. Hanno pensato a tutto Giacomo Cinque e Riccardo Ruggiti, titolari dell’Antica Sartoria, la celebre maison di moda di Positano. E così, dopo essersi assicurati la proprietà dell’isolotto appartenuto ad Eduardo De Filippo, concludono anche il contratto per l’acquisizione del noto gozzo sorrentino, imbarcazione sottoposta dal 2004 a vincolo storico-artistico da parte dello Stato italiano. Proprio per questo motivo la notizia del passaggio di mano è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Campania.

È la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, ad informare “del trasferimento di proprietà effettuato in data 15 novembre 2021 di una imbarcazione da diporto a motore, denominata Pianosa”. Accordo siglato tra la Cuomo Marine srl di Federico Cuomo e la Antica Sartoria srl. Il costo? Poco meno di 82mila euro (81.967 a vuole essere precisi). Un cifra decisamente inferiore rispetto ai 10 milioni e 300mila euro sborsati dagli stessi due imprenditori per entrare in possesso dell’isola appartenuta al grande drammaturgo ed attore napoletano.

Oltre alla nuova proprietà, c’è anche una curiosità storica che accomuna l’Isca al Pianosa. L’isolotto, infatti, fu acquistato da Eduardo De Filippo nel 1947 per 18mila lire da Vittorio Astarita, figlio del banchiere di Meta Tommaso. Lo stesso anno del varo dell’imbarcazione il cui primo nome fu Laura Madre. Il gozzo, un 12 metri, fu ordinato al Cantiere Aprea di Sorrento da un’armatore dell’isola d’Elba. Lo scafo venne impostato, secondo la tradizione, partendo dalla chiglia con il dritto di prora e quello di poppa. Il natante fu dotato di un motore Gray di carro armato americano, residuato bellico acquistato a Napoli.

Nei primi due anni di vita fu impiegato nell’arcipelago toscano. Si racconta che, fermato per contrabbando, fu messo sotto sequestro nell’isola di Pianosa, allora sede di una colonia penale. Il carcere aveva la necessità di assicurare i collegamenti con l’isola d’Elba, così nel 1949 il ministero di Grazia e Giustizia acquistò il Laura Madre cambiandone il nome in Pianosa. Per quarant’anni il servizio di questa barca, robusta e marina, fu di estrema importanza per la vita del penitenziario, tanto che fu anche autorizzata, a vantaggio dei residenti, alla pesca montando un verricello a prua e acquistando le reti necessarie.

Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso con la trasformazione in super carcere e l’introduzione del 41 bis, l’isola fu dotata di mezzi veloci, così il Pianosa divenne obsoleto, anche perché fu seriamente danneggiato durante una tempesta. Il ministero nel 1993 lo dichiarò “bene fuori uso” e fu abbandonato. Fino a quando per puro caso fu riscoperto da un toscano, Benito Taddei, che ne fu subito attratto, nonostante le pessime condizioni, immaginando come sarebbe potuto diventare una volta restaurato.

Una volta riuscito ad acquistarlo con l’aiuto di due maestri d’ascia riuscì a calarlo in acqua e poi a caricarlo su una chiatta e portarlo a Ponte a Elsa dove arrivò a fine 1994. Taddei iniziò da solo il restauro del vecchio Pianosa, sperando di portarlo a termine con le sue forze e nel tempo libero. Ma dovette scontrarsi con le difficoltà dell’operazione, nonostante la richiesta di aiuto a mastro Cataldo Aprea, diretto discendente del costruttore della barca, che riuscì nell’impresa di trovare un altro appassionato a Sorrento.

Si trattava di Federico Cuomo, cresciuto nel culto delle tradizioni marinare, che acquistò il Pianosa e lo trasportò a Sorrento. Dopo 54 anni il vecchio gozzo sorrentino ritrovato in Toscana ritornava nel cantiere dove era stato costruito per essere completamente restaurato con criteri filologici e conservativi di un’imbarcazione tipica, legata alla tradizione locale. L’operazione di restyling iniziata nell’autunno del 2002, terminò nell’estate del 2003 dopo otto mesi di lavoro di Cataldo Aprea con i figli Nino e Raffaele, titolari dell’Antico Cantiere del Legno. Coinvolto anche lo Studio Faggioni di La Spezia, specializzato in restauri di yacht d’epoca.

Il Pianosa è sottoposto a vincolo storico-artistico con D.M. del 14 novembre 2004. È stato inserito tra i beni di interesse culturale. La decisione fu presa per due diversi motivi: perché era un raro esempio di barca da lavoro, intatta nell’ossatura generale, e per l’accurato restauro, condotto con l’integrazione di tutte le parti mancanti con pezzi recuperati da barche della stessa epoca dismesse grazie a un paziente lavoro di ricerca.

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