Spiagge libere ma con tariffario, la beffa per i bagnanti

Spiaggia San Francesco

Un viaggio tra arenili sporchi e privi di servizi e spiagge libere ma che di fatto libere non sono. E’ il reportage compiuto in tutta la provincia di Napoli da Rosa Palomba, giornalista de Il Mattino, che ha fatto le pulci al litorale vesuviano-stabiese-sorrentino ed alle isole del golfo. Tra norme disattese, abusivi e amministrazioni assenti emerge un quadro desolante. Di seguito l’articolo della collega con evidenziate le parti che si riferiscono alle leggi che disciplinano il settore e la situazione riscontrata in penisola sorrentina:

Il mare cambia poco, ma spiaggia che vai prezzi che trovi. Accessi, accoglienza, pulizia, costi: nulla è uguale. E districarsi lungo i litorali della provincia di Napoli, non è una questione semplice. L’obiettivo spiaggia libera spesso è troppo lontano; risparmiare resta poi un miraggio. Specie in quei Comuni dove se lo stabilimento non è privato, l’arenile pubblico è considerato una sorta di letamaio; nel migliore dei casi, una pessima terra di nessuno.

Trovata la spiaggia, tocca fare i conti con parcheggi abusivi e costosi, “noleggiatori” che cercano di piazzare ombrelloni, lettini, sdraio. E se alla fine, per esasperazione l’“aiuto viene accettato”, un tuffo costa comunque circa 20 euro. Sempre meglio degli almeno 50 necessari per l’ingresso di quattro persone in uno stabilimento privato. Di realmente libero c’è dunque ben poco mentre c’è perfino chi pretende 2 euro a persona per l’accesso alla spiaggia libera.

metaspiaggia

Colpa delle pubbliche amministrazioni o dei bagnanti? In qualche caso di entrambi. Ma se il cittadino è diseducato all’ordine e alla pulizia, i regolamenti istituzionali parlano chiaro. Stracarichi di ombrelloni, sdraio, bambini al seguito che trascinano ogni sorta di “accessorio” da spiaggia, distrutti dal solleone i genitori vanno alla ricerca di quel 20 per cento di arenili che per legge devono essere pubblici e accessibili a tutti, come i primi cinque metri di battigia, anche se fanno parte di uno stabilimento privato. Le spiagge poi, per motivi di sicurezza sanitaria devono essere pulite. E di recente, la norma sulla sicurezza pubblica prevede anche la presenza permanente di un presidio sanitario e naturalmente, l’installazione di bagni chimici. Alla fine, stendersi al sole è un’autentica impresa. Ma chi non può permettersi una vera vacanza, è costretto a fare della necessità una virtù.

In alcune città qualcosa sta cambiando, ma solo dopo lunghe battaglie di associazioni, comitati di quartiere, volontari, cittadini. Non basta infatti affiggere il cartello che indica il divieto di balneazione per evitare di pulire e occuparsi dei tratti costieri non affidati in concessione ai privati. L’elioterapia non è interdetta e se il mare è inquinato il tuffo dovrebbe essere negato ovunque.

Rispettose delle regole, le isole maggiori. A Capri infatti, i tratti di litorale tra Marina Grande e Marina Piccola, sono assolutamente liberi e nessuno cerca di vendere nulla. Soprattutto, sono pulite. Così anche a Ischia: due chilometri di spiaggia libera lungo il tratto dei Maronti, viene rastrellata tutti i giorni, e ogni rifiuto regolarmente rimosso. Non sempre è così invece lungo il litorale tra Castellammare e Massa Lubrense. Qui le cose variano in ogni città. A Meta, tra uno stabilimento e un altro, uno spiaggione “libero” ospita centinaia di persone. Ed è subito il trionfo degli abusivi e anche del prezzo libero. Posto auto? Prezzo imposto dal parcheggiatore di turno. Un ombrellone? Decide il tipo che poco dopo l’alba ha già piazzato la sua merce in spiaggia. Così, alle 10 stendere un telo per la tintarella è già un’impresa titanica. Stesse scene a Sant’Agnello, dove lo spazio è poco per il pubblico e per i privati e qualche lido la fa da padrone. La polemica è in atto e un gruppo di imprenditori sta già muovendo una serie di carte legali affinché venga rispettata la legge: le concessioni degli arenili pubblici ai privati non possono essere rinnovate automaticamente ma devono essere assegnate attraverso un bando pubblico anche quelle degli alberghi, scrive la Corte europea.

Bisogna raggiungere Massa Lubrense per godersi il tuffo gratuito. Nel frattempo tra Sorrento e Marina di Puolo, i pochissimi tratti sabbiosi sono appannaggio di noleggiatori improvvisati ma ormai “padroni” degli arenili.

Dopo anni di polemiche va meglio alle falde del Vesuvio. A Torre del Greco per esempio, associazioni di volontari si occupano della pulizia degli arenili, in molti casi ci sono anche i bagni chimici e finanche le docce. Qui dunque, la pulizia e il decoro, sono affidati anche agli stessi bagnanti.

Portici, Ercolano e fino a San Giovanni a Teduccio: qui nessuno vuole vendere nulla ma la pulizia degli arenili non sempre è garantita.

Tuffo libero? L’estate dei «poverelli» va avanti a suon di disagi e di conti con i soldi. Del resto, per accedere a uno stabilimento privato, una famiglia di quattro persone deve spendere almeno 50 euro. Sono rimasti in pochi a poterlo fare, chi può permettersi una vera vacanze sceglie méte diverse. Viaggi, località dal mare cristallino, settimane tra lusso e relax. Agli altri, non restano che le strutture cittadine libere o private che siano. Il vero nodo, alla fine è la balneabilità. Un mare pulito che non costringa a ricorrere alle cure sanitarie per allergie, eczemi, infezioni. Ma dalla costa vesuviana a quella sorrentina nessun depuratore è mai andato realmente in funzione.

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