No alle unioni civili al Chiostro di San Francesco, bufera sul Comune di Sorrento

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SORRENTO. Le speranze di Vincenzo D’Andrea si sono infrante contro lo schermo sul quale ha letto la risposta del Comune di Sorrento. Il sogno di sposare il suo Beto in uno dei luoghi più suggestivi d’Italia spazzato via da quelle dodici parole: “Nel Chiostro di San Francesco non si svolgono cerimonie riguardanti unioni civili”. A due anni dalla legge Cirinnà le unioni civili, che come documentato da HuffPost hanno registrato un incremento in tutto il Paese, incontrano ancora ostacoli e difficoltà.

Quando ha letto la mail del Municipio Vincenzo, che si era informato e sa che nella storica struttura della penisola sorrentina si celebrano i matrimoni civili, non credeva ai suoi occhi e ha voluto raccontare in esclusiva ad HuffPost “la discriminazione che ho subìto”, dice in un sospiro.

Napoletano, ventisette anni a ottobre, da sei convive con Heriberto Vasquez Ciro – che lui chiama “Beto” – a Roma, dove si è trasferito per l’università. Per il suo matrimonio pensava di tornare in Campania per avvicinarsi ai suoi parenti e da tempo aveva scelto come cornice del suo matrimonio il cortile interno dell’antico monastero francescano, monumento tra i più antichi di Sorrento e luogo molto ambito per la celebrazione dei matrimoni civili. Ma alla sua richiesta, inoltrata via mail al Comune in quanto proprietario del Chiostro di San Francesco, è stato opposto un netto diniego. “Prima che mi arrivasse la risposta, due giorni dopo aver inviato la mail – spiega ad HuffPost – un mio amico era andato al Municipio di Sorrento a chiedere informazioni e la funzionaria, visibilmente a disagio, gli disse che, per ordini dall’alto, nel Chiostro di San Francesco è vietato celebrare unioni civili. Eppure i matrimoni civili vi si svolgono, ne sono certo”.

E infatti nella scheda dedicata alla splendida struttura di origine trecentesca sul sito della “Fondazione Sorrento” – l’organismo creato dall’amministrazione comunale per promuovere eventi culturali e valorizzare il patrimonio storico artistico locale – si legge: “la bella struttura è stata prescelta tanto per ospitare gradevolissimi concerti di musica classica, quanto come sede per la celebrazione dei matrimoni civili a Sorrento”.

“Qual è la differenza tra unioni e matrimoni civili? Il fatto che le prime si celebrino tra persone dello stesso sesso? Eccola la discriminazione”, fa notare Vincenzo, che, incassata la risposta del Comune, ha segnalato il caso ad Arcigay Napoli. Al presidente dell’associazione, Antonello Sannino, che ha chiesto spiegazioni, dal Comune gli hanno detto che lì non devono essere celebrate unioni civili – scandisce Vincenzo – che esistono altri tre luoghi a Sorrento (una sala del Municipio, il Museo Correale o Villa Fiorentino, ndr) in cui si possono officiare i matrimoni tra persone dello stesso sesso”.

Ma il punto è un altro. “Se al Chiostro di San Francesco si possono sposare con rito civile gli eterosessuali, non vedo il motivo per cui non possano farlo gli omosessuali. Il rito civile è uno solo. Dal Comune parlano di un accordo verbale con i monaci, ma le unioni civili sono previste e regolamentate da una legge dello Stato e il Chiostro di San Francesco, in quanto proprietà del Comune, è anche un po’ mio, che come ogni italiano, pago le tasse”, aggiunge il ventisettenne, intenzionato ad andare avanti e presentare ricorso. “I sindaci che si rifiutano di celebrare le unioni civili rischiano una sanzione. Ma più che per questo, ho deciso di denunciare la vicenda perché non ce la faccio, di fronte alla discriminazioni, a voltarmi dall’altra parte. E poi perché magari può servire ad altri dopo di noi a realizzare il loro sogno”.

Lui al Chiostro di San Francesco ha dovuto rinunciare, ma non si è dato per vinto: il 25 luglio sposerà Beto in un altro luogo incantevole della penisola sorrentina. “Il posto è splendido, sì, ma resta il fatto che sono stato costretto ad adeguare il mio desiderio al ribasso”, scandisce Vincenzo. Di difficoltà, prima e dopo l’incontro con Beto ne ha affrontate tante: la mamma che muore quando lui aveva tre anni, il padre che lo abbandona, la decisione di lasciare la casa degli zii che lo hanno cresciuto per traferirsi a Roma per l’università. Uno, due lavori per mantenersi agli studi, oggi è laureato in lettere classiche e ha un contratto full time come addetto alla reception di un albergo.

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Beto, che fa il parrucchiere e il truccatore artistico, è entrato nella sua vita una sera di sei anni fa. “Era appena arrivato dalla Colombia – ricorda Vincenzo – è stato un colpo di fulmine. Abbiamo deciso subito di andare a vivere insieme”. Forte come il sentimento che li unisce ci sono l’amore per il loro cagnolino Argo e la paura che Beto, giunto in Italia con un visto turistico, scaduti i termini potesse essere espulso. Ma ha ottenuto un permesso e infine, due anni fa, è arrivata la legge Cirinnà. “Da lì è cambiato tutto, finalmente potevamo unirci in matrimonio come desideravamo, finalmente potevamo ufficializzare, anche dinanzi allo Stato, la nostra famiglia”, dice Vincenzo, supportato anche dai suoi familiari, “che hanno conosciuto Beto, lo apprezzano molto”.

La strada sembrava in discesa, gli ostacoli ormai tutti alle spalle. Fino alla risposta del Comune di Sorrento. Vincenzo non lo dice, ma a sentirlo parlare si ha come la sensazione che per lui leggere la risposta contenuta in quella mail sia stato come sfregare sale su ferite aperte. “Non capisco questa discriminazione, si parla tanto di uguaglianza e poi ci si imbatte in vicende del genere. E non è tutto. A mia nipote di otto anni che le diceva del mio matrimonio con Beto, la sua maestra, in una scuola statale, ha risposto che queste non sono cose buone. A sorrisini e battutine si fa l’abitudine, ma quando, come nel caso del Comune di Sorrento è lo Stato a discriminarti, è ben più grave e bisogna denunciare”.

Dal canto suo il sindaco di Sorrento non nasconde la propria contrarietà alla legge Cirinnà. “Non sono favorevole alle unioni civili – spiega Cuomo ad HuffPost – ma da avvocato e sindaco non mi posso sottrarre, so che le leggi vanno rispettate e applicate”.

E allora perché bandire le unioni civili dal Chiostro di San Francesco, che è di proprietà comunale? “Sì la struttura, nella quale si svolgono diverse attività, è del Comune – conferma il sindaco – ospita su un piano le celle dei monaci francescani, i quali per accedervi passano dal Chiostro. Sin dall’approvazione della legge Cirinnà abbiamo stretto con loro un accordo verbale ma chiaro: matrimoni civili sì, unioni civili no”. Cuomo non teme il rischio di sanzioni. “Io non discrimino gli omosessuali, noi non vietiamo le unioni civili – taglia corto – ci sono tre luoghi nei quali si possono celebrare e sono strutture altrettanto belle. Nel Chiostro di San Francesco non si può fare, punto”.

di Luciana Matarese da Huffingtonpost.it

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