Niente “droga dello stupro”, svolta nel processo per la violenza alla turista a Meta

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È “altamente improbabile” – anche se non può essere esclusa – la somministrazione di benzodiazepine alla turista britannica di 50 anni che cinque ex dipendenti dell’hotel Alimuri avrebbero narcotizzato, servendosi proprio della cosiddetta “droga dello stupro”, per poi violentarla nella notte tra il 6 e il 7 ottobre 2016. Le affermazioni della tossicologa Sabina Strano Rossi, la consulente nominata dal Tribunale di Torre Annunziata, potrebbero imprimere una svolta al processo a carico di Fabio De Virgilio, Antonino Miniero, Gennaro Davide Gargiulo, Raffaele Regio e Francesco Ciro D’Antonio.

Sabina Strano Rossi è considerata uno dei maggiori esperti a livello nazionale di tossicologia forense e medicina legale e dopo aver ricevuto l’incarico dal Tribunale ha ripetuto le analisi delle urine della turista per poi confrontare i risultati dell’esame dei capelli, effettuato a maggio 2017 dal perito individuato dalla Procura, con i dati della letteratura scientifica.

Quanto è emerso è stato poi riportato in un documento che la tossicologa ha illustrato ai giudici. Nelle urine della 50enne non c’è traccia dei metaboliti di flunitrazepam e zolpidem, il che fa escludere che alla donna possa essere stata somministrata la “droga da stupro” nella notte tra il 6 e il 7 ottobre. Nel campione manca anche il temazepam, altra benzodiazepina che in un primo momento era stata rilevata seppur in quantità infinitesimale.

Il test, invece, ha rivelato la presenza di una sostanza riconducibile all’etanolo che il perito della Procura non aveva rinvenuto: ciò dimostra soltanto che la turista britannica assunse alcol tra le 12 e le 72 ore prima del prelievo delle urine, ma non chiarisce quanti cocktail abbia bevuto né in quale preciso momento né con quali modalità. Smontata anche un’altra tesi, cioè quella secondo la quale la droga rinvenuta nei capelli della turista sarebbe stata assunta o somministrata tra i 5 e gli 8 mesi prima del taglio, avvenuto a maggio 2017: un arco temporale che va da settembre a dicembre 2016 e nel quale rientra la notte tra il 6 e il 7 ottobre.

Nemmeno questo, secondo la consulente, sarebbe certo: il fatto che il perito della Procura abbia analizzato ciocche prelevate sia dalla cervice che dalle tempie della donna, quindi da due zone in cui i capelli crescono con diversa velocità, aumenta il margine di errore nei risultati del test. Sempre con riferimento ai capelli, nelle ciocche non è stato trovato il metabolita del flunitrazepam, sostanza che il consulente della Procura aveva riscontrato forse a causa di una contaminazione.

Si tratta, quindi, di una serie di conclusioni che vanno tutte a favore della difesa e che arrivano in un momento cruciale del processo. Nei prossimi giorni, infatti, il pm formulerà le richieste di condanna per i cinque imputati, mentre la sentenza del Tribunale è attesa per la metà di dicembre.

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