Sono cominciate stamani le operazioni di sezionamento della carcassa della balenottera morta nel porto di Sorrento. Ieri il cetaceo, ingrossato oltre ogni misura per la lunga permanenza in acqua, è stata portato in secca grazie alla disponibilità del cantiere Megaride che opera nel porto di Napoli. L’operazione si è potuta completare grazie all’utilizzo del bacino: la carcassa, lunga oltre 20 metri, è stata rimorchiata all’interno della struttura affondata che poi è stata svuotata consentendo l’adagiamento sul fondo.
“Un’operazione complicata – ha spiegato l’ammiraglio Pietro Vella, direttore marittimo della Campania – perché stiamo parlando di una carcassa pesante più di 60 tonnellate. Prima del trasferimento a Napoli, rimorchiata dalle nostre motovedette, avevamo ipotizzato anche un sollevamento con gru a Castellammare di Stabia ma poi questa ipotesi è stata scartata proprio per l’enorme peso”.
L’operazione è stata autorizzata dal comandante Salvatore Di Leva, sorrentino, ceo del cantiere Megaride. In poche ore il bacino è stato liberato e sono cominciate le operazioni di traino dal molo San Vincenzo all’ingresso del bacino. Poi da questa mattina è in azione l’equipe guidata da Sandro Mazzariol, professore all’Università di Padova e responsabile dell’unità d’intervento del Cetaceans strandings Emergency Response Team (Cert).
Si punta ad accertare le cause della morte del cetaceo e in particolare se c’è un nesso tra questa morte e quella di altri due esemplari accertata nel golfo di Napoli negli ultimi anni. “Si spera che le condizioni dell’animale possano consentire alle analisi necroscopiche – sottolinea Lucio Cacace presidente del Parco marino di Punta Campanella – di individuare le cause del decesso”. “Siamo tutti curiosi – ha spiegato il comandante Di Leva – di sapere la causa della morte di questo grande cetaceo che comunque reca sul muso i segni degli urti contro la banchina del porto di Sorrento”.
Intanto si pensa al dopo. Il sindaco di Sorrento, Massimo Coppola, è in contatto con i responsabili del Parco marino. “Stiamo pensando – dice Coppola al Mattino – di inumare i resti in un campo vuoto del cimitero di Sorrento per i mesi necessari (da 6 a 10) ad asciugare le ossa. Poi vorremmo esporre lo scheletro al porto di Sorrento, anche per iniziative didattiche, prima di trasferirlo al museo del Parco Marino di Punta Campanella. Vogliamo solo trattenere un frammento di osso per donarlo al nostro Santo Protettore, Sant’Antonino che, secondo una radicata leggenda, salvò un bimbo dalle fauci di una balena”.