Il prof. Francesco Corcione, professore ordinario di Chirurgia generale presso il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università Federico II di Napoli, prende spunto da quanto accaduto al calciatore dell’Inter e della nazionale danese, Christian Eriksen, per analizzare con lo sguardo attento di un tecnico con migliaia di interventi eseguiti, i rischi che, nonostante i passi in avanti della medicina e della tecnologia ad essa collegata, ancora si possono correre è in gioco la vita umana. Per dirla con le sue parole “tutto è prevedibile, ma nulla è prevenibile”.
Di seguito la riflessione del prof. Corcione:
Ciò che è accaduto a Christian Eriksen mi fa riportare la mente ad un film e ai numerosi episodi di incomprensione che oggi viviamo nel rapporto medico-paziente.
E vi spiego.
Partiamo dal caso del giocatore danese che è sicuramente un campione. Ha contribuito al grande successo dell’Inter di Conte che, con merito, ha raggiunto il prestigioso titolo di campione d’Italia nell’ultimo campionato. È un giocatore valido ed è uno dei pilastri della sua nazionale e come tale, è stato schierato in occasione della prima sfida degli Europei dalla Danimarca. E, come tale, è un capitale umano che sia la sua squadra di appartenenza che la sua nazionale non possono non proteggere nel migliore dei modi. Giocatori di quel livello sono super controllati dai migliori specialisti e sottoposti a numerosi controlli clinici e strumentali. Nel caso di Eriksen, questo sia a Milano che a Copenaghen.
Ciò nonostante l’imprevedibilità della vita e la fragilità dell’essere umano hanno avuto il sopravvento. Nonostante tutto, improvvisamente, si è accasciato al suolo e il suo cuore ha smesso di battere.
Forse un altro giocatore, in un altro campionato, in un altro Paese non si sarebbe salvato. È prontamente accorsa l’equipe medica che con opportune manovre è riuscita a far ribattere il cuore dell’atleta. Un minuto di ritardo sarebbe stato fatale! Un episodio quindi imprevedibile e non prevenibile.
È veniamo al film. Si tratta di Sully, un famoso film di qualche anno fa con la prestigiosa interpretazione di Tom Hanks.
La storia: un aereo di linea statunitense lascia, in perfetto orario e dopo i dovuti check, l’aereoporto di New York. Appena alzati da terra, sorvolando il fiume Hudson, i motori vengono invasi da uno stormo di uccelli e smettono di funzionare.
Un episodio imprevedibile e non prevenibile. Grazie al coraggio e alla determinazione dei piloti l’aereo effettua un atterraggio sull’Hudson e i 150 passeggeri vengono comunque salvati.
Perché associo i due episodi alla problematica del rapporto medico paziente?
Sono un chirurgo, ma quello che vivo, credo, sia una realtà piuttosto diffusa in tutte le specialità, ma quelle chirurgiche sono le più esposte. Quante volte vengono da me pazienti già operati da altre valorosi colleghi con complicanze dell’atto chirurgico, prevedibili ma non prevenibili, e mi sento dire: secondo noi c’è stato un errore.
Come se dietro ogni atto della nostra vita si potesse tutto predeterminare con scientifica sicurezza ed efficacia. Non è così!
L’atto chirurgico in particolare, ma quello medico in generale è fatto di tanti piccoli passaggi, tanti punti critici che né le linee guida né accertamenti diagnostici, né il più accurato atto chirurgico possono evitare complicanze, reinterventi e decessi.
Nessun chirurgo, nessun medico degno di questo nome non dà il massimo per assicurare il risultato finale del proprio paziente. Ma, purtroppo, c’è l’imprevedibilità della vita che con la sua fragilità espone costantemente a rischi che possono portare a complicanze di varia natura che possono portare anche a morte.
Come l’aereo di Sully, come l’episodio di Eriksen, nessuno è infallibile e la tecnologia aiuta molto ma non azzera il pericolo che è sempre dietro l’angolo.
Oggi si dà molta enfasi (aihme!) alle nuove tecnologie come la robotica, la chirurgia miniinvasiva, come se la chirurgia si fosse trasformata in un banale atto da playstation. Invece bisogna sapere che qualsiasi punto, qualsiasi sutura fatta in qualsiasi modo può determinare ancora oggi le stesse complicanze. Spero che queste mie osservazioni, possano servire a riflettere su cosa c’è dietro a qualsiasi atto medico-chirurgico e a migliorare il rapporto medico paziente.
Ps. L’ultima volta che ho preso il frecciarossa Roma-Napoli, treno ad alta tecnologia e velocità, invece dei 70 minuti previsti ha impiegato 160 minuti per un guasto tecnico, anch’esso prevedibile ma non prevenibile.
Meditate gente, meditate.