MASSA LUBRENSE. I datteri di mare come espressione del potere camorristico. La scoperta dopo la denuncia, nel 2012, del biologo e campione italiano di safari fotosub, Marco Gargiulo, il quale, impegnato in un’immersione nei pressi del Vervece, riscontra un disastro ambientale senza precedenti. La flora e la fauna marina sono ricoperte dai detriti, le tane dei pesci ostruite dai frammenti di roccia.
A provocare la devastazione dei fondali sono stati i datterai. La Procura di Torre Annunziata apre un’inchiesta che, nel giro di un mese, porta all’arresto di quattro persone ritenute affiliate a clan camorristici e fa luce su una vicenda dai contorni inquietanti: i boss adorano i datteri di mare, sia perché alimentano un redditizio mercato nero, sia perché sono fuorilegge e perciò tanto più gustosi.
Le conferme arrivano anche dagli atti delle inchieste e, in particolare, dalle intercettazioni dei dialoghi tra padrini, familiari e affiliati. I boss si abbandonano spesso e volentieri a evasioni alimentari, deliziandosi il palato con pietanze pregiate quali ostriche, aragoste, tartufi e, appunto, datteri di mare. Certe prelibatezze costituiscono uno status-symbol: mangiando grandi quantità di cibi a cinque stelle, oppure vietati dalla legge, il capoclan mostra di potersi fare beffe dello Stato e, allo stesso tempo, esibisce una sorta di trofeo per accreditarsi agli occhi degli affiliati.