Tumori del colon, la Chirurgia del Monaldi di Franco Corcione il top in Campania

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I tumori del colon sono tra le neoplasie più diffuse nei Paesi industrializzati. Picchi si registrano anche in Campania. La prevenzione primaria (basata su una corretta alimentazione e sane abitudini di vita come esercizio fisico e niente fumo), gli screening di massa (per la diagnosi precoce) e infine un corretto approccio chirurgico con interventi in centri che eseguono almeno 50 procedure all’anno, assicurano i tassi maggiori di sopravvivenza.

In Campania, in base ai dati dell’Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) riferiti al 2017, esistono 87 centri clinici sia pubblici che privati che effettuano in totale 1.953 interventi chirurgici. Sono solo 9, però, le strutture che eseguono più di 50 interventi all’anno: Pascale (205), Cardarelli (162), Policlinico Federico II (128), Monaldi (103), Policlinico del centro storico (87), Moscati di Avellino (68), San Sebastiano di Caserta (60), Rummo di Benevento (56) e Betania di Ponticelli (50).

Tra questi ospedali – che hanno eseguito in regime di ricovero ordinario e diagnosi principale o secondaria di tumore maligno del colon, almeno 50 interventi di asportazione parziale dell’intestino crasso o asportazione totale – solo il Monaldi supera la successiva griglia di valutazione. Ossia volumi di interventi superiore ai 90 casi e utilizzo della laparoscopia superiore al 35%. In base ai rilievi Agenas, maggiore è il numero di procedure eseguite migliore è il risultato con una sopravvivenza a un mese dall’intervento del 2% superiore. Su scala nazionale se tutti gli interventi fossero stati eseguiti in centri con almeno 50 procedure annue ci sarebbero 151 morti in meno (circa 10 in Campania).

Il presidio dell’Azienda dei Colli a fronte di 103 interventi annui l’85% (88) è stata eseguita con tecnica mininvasiva. L’uso del robot e del laparoscopio assicura rapidi tempi di degenza ed efficacia pari alle tecniche tradizionali. Primato che conferma l’eccellenza dell’unità di Chirurgia generale guidata da Franco Corcione, presidente della Società italiana di chirurgia (nella foto in alto). Pertanto l’Agenzia elegge il Monaldi a unico centro trainer in Campania.

In realtà fanno un buon lavoro anche gli altri 8 presidi che sono sopra la soglia di 50 procedure. Ma solo 4 sono oltre i 90 interventi. Tra questi il Pascale effettua 52 operazioni in laparoscopia (25%), il Cardarelli arriva a 34 (21%) la Federico II è al 21%. Tra gli altri centri, sopra i 50 e sotto i 90, alcuni registrano percentuali di mininvasiva ancora inferiori. Il Policlinico del centro storico il 5%, il Moscati di Avellino il 6%. Vanno meglio gli ospedali di Caserta e Benevento (rispettivamente al 30 e 27%) con Villa Betania ne esegue il 56% in laparoscopia a fronte di una media campana del 20%. Considerevole anche il dato della migrazione sanitaria passiva: su 1.953 interventi per cancro del colon 344 (circa un terzo) hanno effettuato l’operazione fuori Regione.

Nel settore accreditato sebbene sotto soglia si mettono in mostra Villa dei Fiori di Acerra (27 procedure di cui il 48% mininvasive), Pineta Grande di Castelvolturno (39 interventi di cui il 13% in laparoscopia), e il Fatebenefratelli di Napoli (28 con 11% innovative), laddove ospedali pubblici come il San Giovanni Bosco hanno effettuato 32 interventi ma nessuno col laparoscopio (a pari merito col Tortora di Pagani). Bene il Ruggi di Salerno che sfiora la sufficienza con 45 interventi di cui il 33% in laparoscopia. Il Moscati di Aversa ne conta 46 di cui solo 4 (9%) mininvasive. Degni di nota i 24 interventi del Cto (4% mininvasivi), mentre si scende a 16 per il San Paolo e l’ospedale di Pozzuoli (quest’ultimo in recupero dal 2018), e a 13 per Loreto mare, Incurabili e Frattamaggiore.

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