La Tradizione di Vico Equense sbarca a Roma con lo chef Glowig

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Le eccellenze della penisola sorrentina sempre più apprezzate fuori dai confini regionali. Sapori tipici che vengono esportati anche grazie all’opera dei grandi chef del panorama nazionale. Luciano Pignataro, grande esperto di cucina, sulle colonne de Il Mattino elogia Salvatore De Gennaro, patron de La Tradizione di Vico Equense (nella foto in alto con la moglie Annamaria), che si accinge a conquistare la Capitale grazie all’estro dello chef stellato Oliver Glowig.

Di seguito l’articolo.

Fa decisamente colpo poter mangiare le “eliche cacio, pepe e ricci di mare”, uno dei piatti simbolo di Oliver Glowig, su un tavolo con la tovaglietta e le posate d’ordinanza. Seduto alla Stazione Termini lato via Giolitti, uno dei luoghi più degradati del centro della Capitale dove a cento metri un rivenditore di pizza spara musica violando tutti i decibel consentiti dalla legge. E non, invece, coccolato da un cameriere che ti accomoda la sedia, ti cambia il tovagliolo se vai in bagno e ti versa l’acqua.

“Da due settimane mi sento rinato – confessa il cuoco tedesco – non ero più abituato a questi numeri, è bellissimo far da mangiare in questo modo, vedere la zona frequentata da bella gente e tanti colleghi che mi vengono a trovare”. A ben vedere, la supremazia francese più che nei contenuti, continuamente rinnovati sin dai tempi della nouvelle cuisine, è stata ribaltata dagli spagnoli e dal vento del Nord soprattutto nella forma del servizio che invece in Italia resta ancora pesante e ingessato nei ristoranti inutilmente pretenziosi.

Il primo a capire con largo anticipo il nuovo vento gastronomico è stato Davide Oldani e la sua formula pop con il D’O a Cornaredo: l’allievo di Marchesi ha lanciato una serie di piatti storici, tra cui la mitica cipolla caramellata, a prezzi popolari con un servizio attento ma essenziale. Niko Romito, pur mantenendo il suo locale Casadonna di Castel di Sangro al massimo livello che gli ha consentito di conquistare le Tre Stelle, l’unico a Sud, ha lanciato la formula Spazio inviando gli allievi della sua scuola in locali ben caratterizzati dove i prezzi dei piatti d’autore sono più che accessibili, persino a Milano dove la squadra è diretta dalla bravissima Gaia Giordano.

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Ma alla Stazione Termini è in atto una rivoluzione ancora più profonda, il bistellato che con una piccola brigata, compreso lui sono in cinque, impegnato nel Mercato Centrale, la formula fortunata che ha cambiato il piano superiore del Mercato di San Lorenzo a Firenze e che sta riempendo questo lato di via Giolitti. Oliver Glowig (foto a lato) è uno dei pesi massimi della ristorazione italiana dopo aver lasciato la Germania nel 2001, un anno dopo aver ottenuto la sua prima stella Michelin al ristorante “Acquarello” di Monaco di Baviera, per andare a Capri dove trova l’amore e la prima consacrazione al Capri Palace: l’incontro con Tonino Cacace è di quelli fortunati, il patròn mostra di credere davvero nella ristorazione e centra l’obiettivo con la prima stella nel 2004, seguita dalla seconda nel 2006.

Una vera fucina di talenti in cui lavora, tanto per fare un citazione, anche Sergio Lovrinovich, attuale direttore della Michelin succeduto a Fausto Arrighi tre anni fa. Due stelle che non lo abbandoneranno più, confermate anche nel 2012 quanto sbarca a Roma dopo la parentesi di Montalcino all’interno dell’Aldrovandi Villa Borghese.

Da questi ambienti di lusso Glowig esce bruscamente per immergersi in questa nuova avventura insieme a Salvatore De Gennaro de La Tradizione di Vico Equense: un autentico scout di prodotti, gestore del backstage di quasi tutti gli stellati della penisola sorrentina. La formula al secondo piano del Mercato Centrale di Termini è semplice: piatti a costi accessibili, una buona cantina di bottiglie ben calibrate, la possibilità di acquistare prodotti di alta qualità, dalla pasta di Gerardo Di Nola alle alici di Cetara, ai babà nel limoncello della penisola sorrentina.

Al piano di sotto ci sono le pizze e i pani di Gabriele Bonci, le carni della Bottega Liberati, il Trapizzino di Stefano Callegari e tante altre botteghe di artigiani del gusto secondo la formula ben collaudata a Firenze. Possiamo parlare di tendenza? Beh, a Parigi è famoso il caso del bistellato la Bigarrade proprio a ridosso della Périphérique con il cuoco giapponese Kanayama Yusuhiro dove ti lasciano le posate sul tavolo.

Oppure ha fatto scalpore la scelta Akihiro Horikoshi di aprire un piccolo spazio nel 7° Arrondissement con quattro tavoli dopo aver trascorso trent’anni nell’ingessato tristellato Ambroisie a piazza dei Vosgi. E chi ha tolto tutti gli orpelli, per tornare in Italia, compresa una pesante carta dei vini, è Salvatore Tassa, che a sessant’anni suonati ha deciso trapassare da chef a “cuciniere”.

Una tendenza, dunque, che non ha le sue radici solo nella crisi economica perché anche in questi periodi il lusso non ha battute di arresto, semmai si preferisce esibire meno. Glowig, Oldani, Tassa, i giapponesi di Parigi, i ragazzi protagonisti della bistronomie, ma anche i fratelli Pellegrino a Lecce, sono l’espressione di uno stile di vita che cambia, del desiderio di concentrarsi sulle cose essenziali lasciando da parte il manierismo. A guadagnarci sono gli appassionati che possono mangiare piatti pensati e realizzati da un bistellato del calibro di Oliver anche con 30 euro nel cuore di Roma. Alla Stazione aspettando il treno.

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