Sorrento. La visita di Giuseppe Moscati ad Enrico Caruso al Tramontano

Ripercorrendo la storia di San Giuseppe Moscati si scopre che forse è il caso di riscrivere la biografia di Enrico Caruso, almeno per ciò che riguarda il capitolo dei suoi ultimi giorni di vita. Per capire il perché bisogna fare un salto a Napoli, presso il complesso degli Incurabili, in particolare negli spazi della Farmacia e del Museo delle Arti Sanitarie.

È qui che un gruppo di appassionati proveniente da Sorrento ha individuato alcuni testi che fanno riferimento alla visita che il luminare della medicina degli inizi del secolo scorso fece al grande tenore nel tentativo di individuare la patologia che lo affliggeva, quella stessa malattia che nel giro di pochi giorni avrebbe provocato il decesso dell’artista all’età di soli 48 anni.

Come tutti sanno Enrico Caruso visse gli ultimi giorni di vita a Sorrento prima di partire con destinazione Roma, ma trovando la morte prima di raggiungere la Capitale, quando si trovava a Napoli. Ebbene su alcuni pannelli esposti agli Incurabili ci sono dei ritagli di giornali del secolo scorso i quali riportano che nei giorni della malattia quello che da molti esperti è considerato il più grande tenore di tutti i tempi, abbia soggiornato presso l’hotel Tramontano.

Finora si era al corrente solo della sua presenza all’Excelsior Vittoria, la splendida struttura che ha ispirato anche Lucio Dalla nello scrivere il suo capolavoro, “Caruso”. Ma è altrettanto certo che il cantante lirico ha soggiornato anche in un’altra splendida struttura ricettiva di Sorrento, l’Imperial hotel Tramontano, appunto.

È la rivista specializzata “Il Medico” che pubblica la ricostruzione di quanto accaduto in quei giorni. “L’albergo Tramontano a Sorrento è in subbuglio. La hall è gremita di giornalisti, la notizia ha, in breve tempo, fatto il giro della città: c’è Enrico Caruso. Pochi giorni prima il famoso tenore era sbarcato a Napoli dopo un lungo viaggio che dall’America lo aveva riportato in patria. Non è un rientro felice, il grande cantante è molto malato. A niente era valsa l’operazione per una pleurite purulenta subita a New York, e i vari consulti medici d’oltreoceano non avevano portato a una diagnosi precisa e definita. Qualcuno aveva persino insinuato il dubbio che la malattia era stata diagnosticata in ritardo per incuria e negligenza del medico di fiducia, Doroty Bleklend Benjamin, sua moglie da poco, e soprattutto male operata”.

Poi il passaggio sulla visita del medico santo al grande artista. “Molti professori e luminari vengono chiamati per un consulto. Viene fatto il nome di Moscati. A fine luglio varca le porte dell’hotel. Si dirige verso la stanza con piglio sicuro, come sempre. Caruso o l’ultimo dei mendicati per lui non fa differenza: è un cristiano da salvare se non nel corpo nell’anima. Accanto al letto comincia la sua visita. Osculta, tasta, pone domande, poi una puntura esplorativa nello spazio sottodiaframmatico. Ne esce del pus. Le sue parole sono secche e precise: “Ascesso subfrenico”. Nessun medico, americano o italiano, e tra questi lo stesso Cardarelli, avevano preso in considerazione questa ipotesi. Tutti sono sbigottiti: la diagnosi e perfetta. Purtroppo però è troppo tardi. Caruso e in uno stato settico generale preoccupante, perciò poco o nulla si può fare. Moscati, chiudendosi la porta alle spalle, sa che ormai mancano pochi giorni alla fine. In cuor suo prega per l’anima del tenore”.

In effetti Caruso lascia Sorrento il 1° agosto 1921, aggravatosi, in attesa di trasferirsi a Roma, si ferma a Napoli, dove muore la mattina del giorno dopo all’albergo Vesuvio di via Partenope.

Ulteriore conferma della ricostruzione arriva da uno degli allievi di Moscati, il professor Enrico Polichetti, che parla di quella visita nel corso di una conferenza all’Istituto Armanni dell’ospedale Incurabili e pubblicata subito dopo con il titolo: “Giuseppe Moscati e la malattia mortale di Enrico Caruso” sulla “Riforma Medica”, la rivista di cui Moscati stesso era stato per molti anni redattore.

“Quale suo allievo mi consta che il professore, alla fine di luglio 1921, aveva visitato a Sorrento, nell’albergo Tramontano, per la prima volta, Enrico Caruso – già operato in America di pleurite purulenta senza guarire – e fatta diagnosi di ascesso subfrenico, rimasto indiagnosticato fino a quel momento, confermandolo con l’estrazione di pus mediante la puntura nello spazio sotto-diaframmatico. Ma egli trovò l’infermo profondamente decaduto ed in uno stato settico generale preoccupante, perciò poco o nulla si poteva più fare”. Per quella visita Moscati ha percepito, come riportato dallo stesso Polichetti, un onorario di 2mila lire.

“Sorrento, anche a quei tempi, si è dimostrata all’altezza della fama di culla dell’ospitalità del Mezzogiorno d’Italia di cui gode ancora oggi, facendo ogni sforzo per garantire le migliori cure possibili al grande tenore Enrico Caruso e portando al suo capezzale i migliori specialisti e luminari dell’epoca come dimostrano questi scritti – spiega Costanzo Iaccarino, patron dell’Imperial Tramontano -. Il nostro unico rammarico è che alcuni dei registri delle presenze sono andati persi quando l’hotel era ancora di proprietà dell’omonima famiglia che lo ha realizzato e, nonostante le nostre ricerche condotte in tutto il Paese, non siamo riusciti a recuperarli tutti. E purtroppo, tra quelli mancanti, ce ne sono alcuni proprio dei primi del Novecento”. Lacuna colmata dalle pubblicazioni del tempo.

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