Morto per overdose a Sorrento, condannati madre e figlio

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SORRENTO. “Giuseppe poteva essere soccorso. Non è certo che potesse essere salvato, ma ci sono responsabilità”. È questa la motivazione con la quale il pm Andreana Ambrosino della Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha chiesto ed ottenuto la condanna per il giovane Francesco Sorrentino e sua madre, Letizia Autiero, entrambi accusati di omissione di soccorso.

La vicenda risale alla notte tra il 7 e l’8 giugno del 2012. Un gruppo di ragazzi della penisola sorrentina si ritrovò lungo la spiaggia di Meta per un party a base di droga ed alcol. Tra questi c’era anche Giuseppe Gargiulo, appena 19 anni, di Piano di Sorrento. Dopo il festino non tornò a casa, ma andò a dormire in un appartamento di Sorrento con l’amico Francesco.

“Tra la mezzanotte e le 2”, in base alle ricostruzioni, il giovane fu vittima di uno choc anafilattico causato da una overdose che ne provocò la morte. Decesso che, secondo il pm è sopraggiunto in un momento “in cui sia Francesco che la madre Letizia erano ancora svegli, ma non hanno chiamato i soccorsi”. Il 118 è stato allertato solo in tarda mattinata, quando i due, dopo l’iniziale panico, avrebbero inscenato il ritrovamento del cadavere di Giuseppe.

Secondo l’accusa, infatti, quando si sono resi conto di cosa stava accadendo mamma e figlio avrebbero provato a rianimare il 19enne senza risucirci, poi lo avrebbero rivestito con un pigiama, vegliato la salma per tutta la notte, prima di chiamare i soccorsi solo alle 10 del mattino successivo, quasi 8 ore dopo il decesso.

Per questa vicenda, erano finiti a processo per omissione di soccorso Francesco Sorrentino e la madre, entrambi assistiti dall’avvocato Antonio de Martino, che ha provato in tutti i modi a dimostrare la fondatezza del loro racconto.
Per il giudice Maria Laura Ciollaro del Tribunale di Torre Annunziata, però, le prove raccolte e le testimonianze rese durante il processo hanno fatto emergere la colpevolezza dei due imputati.

Per la donna, oggi 50enne, è arrivata la condanna ad un anno e 4 mesi di reclusione, mentre per il figlio Francesco la pena è di un anno, in virtù delle attenuanti per la giovane età e lo status di incensurato. Tra due mesi sarà nota la motivazione della sentenza che il legale dei due imputati già si prepara ad impugnare in appello. Il giudice ha anche stabilito di riconosce un risarcimento – da quantificare in sede civile – a favore dei genitori e del nonno di Giuseppe, che si erano costituiti parti civili al processo.

Una vicenda che 5 anni fa accese i riflettori su una realtà che in tanti preferivano ignorare. Ragazzi della penisola, molti ancora minorenni, si riunivano per organizzare droga-party dove consumare ogni tipo di stupefacente marijuana, hashish, cocaina, eroina, pasticche, tutto acquistato a Secondigliano e Scampia, per trascorrere serate all’insegna dello sballo, per sfuggire alla noia. Quella noia che ha spinto Giuseppe ad un mix letale di alcol, marijuana ed eroina, che ha determinato la tragedia.

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