Le foto di Julia Krahn alle donne ucraine rifugiate in costiera danno vita ad una installazione sul corso Italia di Sorrento

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Si intitola “St. Javelin” ed è l’ultimo progetto di Julia Krahn. L’artista ha aperto il suo studio di Sorrento alle rifugiate ucraine, invitandole a raccontarsi attraverso immagini e interviste. Le fotografie sono state poi stampate su teli giganti destinati a dare vita ad una installazione artistica collegando i balconi del corso Italia di Sorrento e creando un’esperienza di impatto e unione nel cuore del centro storico. Turisti e passanti, alzando gli occhi al cielo mentre passeggiano lungo la strada dello shopping da piazza Tasso a piazza Veniero, potranno ammirare le otto (più una) foto disarmanti e riflettere sull’ingiustizia delle guerre.

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Il progetto nasce grazie alla collaborazione con l’associazione culturale Festivà e prende forma attraverso il supporto di Sorrento Incontra, rassegna organizzata dal Comune della Costiera. Julia Krahn si fa portavoce di un tema attuale, creando una sinergia tra bellezza e drammaticità, senza mai perdere di vista la realtà. Le protagoniste delle foto raccontano storie vere, indossando con dignità il dolore per farsi testimoni di una storia che ha bisogno di essere raccontata da chi l’ha vissuta in prima persona.

L’artista indaga da sempre sulla sacralità femminile, sull’iconografia classica e sui simboli. Nelle foto che dal 27 maggio arriveranno sul corso Italia di Sorrento, ma anche nella loro quotidianità, le donne ucraine portano sempre con sé il blu (dipinto addosso) ed il giallo (nei simboli che mantengono), una scelta di colori che vuole sottolineare il legame con la propria bandiera.

A contrasto del flusso di informazione mediatica, spesso impersonale, l’artista ha voluto affiancare ad ogni ritratto un testo – curato da Francesca Massa – dando voce ad ogni singolo volto attraverso le proprie esperienze in guerra, partendo da alcune semplici domande.

Il lavoro racchiude tre generazioni, ogni donna guarda con determinazione dritto verso l’obiettivo, solo la bambina, Kira, volge lo sguardo altrove, distratta dal gioco della sua infanzia. Alexandra indossa una corona di mimose, simbolo di resilienza femminile. Juliana porta le spighe di grano ed il pane tipico ucraino “palianytsia”. Questa parola è anche una potente arma di riconoscimento, perché risulta impronunciabile dai russi. Lesya toglie la corona di proiettili e la porge a chi ammira la foto, che dovrà poi decidere cosa farne. Marina porta in braccio la sua bambina di sei mesi, l’amore incondizionato, il futuro fragile. Gaika invita alla ricostruzione con una pala, che ricorda le fosse comuni, la morte e la rinascita. Elena invece indossa le notizie collezionate dall’inizio della guerra in forma di corona e scudo, mentre si tiene vicino il telefono, unica connessione con suo marito. Olga, una donna anziana, impersona l’Oranta di Kiev, madre delle madri che alza le sue mani in benedizione verso il mondo.

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St. Javelin, il titolo scelto per l’installazione di Sorrento, è il nome di una santa nata in guerra, ispirata al missile «Javelin» mandato in Ucraina in sostegno della resistenza, diventata il simbolo di una Madonna protettrice. Proprio il paradosso di una madre che tiene in mano un’arma, la morte invece della vita, è stato il motore che ha avvicinato Julia Krahn alle donne ucraine.

L’unica arma che intende usare è l’empatia, da qui la scelta di inserire un autoscatto nel progetto. L’artista ha in mano la sua arma, il pulsante della macchina fotografica e invita le rifugiate a fare lo stesso, descrivendo le proprie armi di resistenza quotidiana, fatte per costruire e mai per distruggere. Una madre non sceglierebbe mai la guerra per i propri figli.

“Non parlo della guerra, delle sue impossibili ragioni per esistere o di chi la sta tenendo accesa, ma delle persone che la subiscono – spiega Krahn -. Indifferentemente da pensiero, posizione o status, sono fuggite per salvare i loro bambini e hanno lasciato indietro i loro mariti. Oltre alla propaganda esistono persone reali. Ognuno con la sua storia. Io accolgo in studio chi ha voglia di condividere la sua”.

“L’arte è universale, per cui un’immagine parla in tutte le lingue del mondo. – afferma Rossella Di Leva consigliera comunale a Sorrento – L’installazione di Julia Krahn vuole essere un grido di dolore ed un inno alla pace”.

Julia Krahn nasce a Jülich nel 1978 e cresce ad Aquisgrana in Germania. Per dedicarsi completamente all’arte lascia gli studi di medicina e si trasferisce a Milano. Durante il lockdown apre a Sorrento il JK Studio. La sua ricerca interroga la permeabilità dello sguardo tra identità dell’artista e dello spettatore. Ridefinisce gli oggetti quotidiani ed i simboli del passato con fotografie che presentano una fluidità ambigua: più che raccontare lo scorrere del tempo o costruire una storia cristallizzano, trasformano da stato liquido a solido, i frammenti di una realtà privata e segreta.

Il suo lavoro riflette sui valori perduti o sbilanciati della società, della famiglia e della religione, fino a portare l’obiettivo su immagini che riconducono alle icone cristiane. Nell’opera della Krahn altrettanta forza che all’immagine viene data al formato dei lavori che si sviluppano su scale e supporti differenti creando un gioco che di volta in volta porta l’osservatore ad una nuova percezione dell’immagine.

I suoi giganti wallpaper sovrastano lo spettatore con tutta la potenza di un’immagine senza supporti, vetri o cornici, immagini che dominano fisicamente, immagini che prendono acquisiti pittorici e che, come grandi affreschi, tolgono ogni distanza tra il fruitore e l’ambiente. In uno stesso contesto lo sguardo viene poi chiamato e portato su piccoli pezzi unici: sia la volta dei cammei in cornici di metallo che stabiliscono un dialogo one to one, intimo, col fruitore, richiamandolo alla preziosità dell’oggetto e della sua percezione.

Tra le mostre personali e partecipazioni ad esposizioni presso istituzioni si segnalano:
2021 Paradise Lost, DG Kunstraum, München | 2019 DoUtDo, Parco Archeologico degli Scavi di Pompei, Pompei | Vulgata, Dom- und Diöze- sanmuseum Mainz (D) | 2018 ICEA – Soundlines of Contemporary Art, Yerevan, Armenia | Watch Your Bubble! Kustverein Tiergarten Berlin (D) | 2017 Oblio, Palazzo delle Esposizioni, Roma | Song Song Stills, Antonella Cattani Bolzano | Figura, Stiftung St.Matthäus Berlin, Bad Wilsnack, Berlin (D) | 2016 NEEDS, Akademie Graz, Graz Museum, Graz, (A) I Observation without an observer, National Gallery, Skopje, Repubblica di Macedonia | 2015 Rabenmütter, Lentos Kunstmuseum, Linz, (A) | Last Supper, Fondazione Stelline, Milano | It might have been a pigeon, Museo Diocesano, Milano | Woman, Mother, Idol, Landesmuseum Hannover, Hannover (D) | Sirens – Improvisation und Video, Sophienkirche, Berlin (D) | 2014 Trust Me, HdKK, Stuttgart (D) | 2013 Leidenschaften, Stiftung St.Matthäus, Berlin (D) | Beyond Belief, Musei civici Imola | 2012 Lilies and Linen, Antonella Cattani contemporary art, Bolzano | Mother Loves You, Voice Gallery, Marrakech | 2011 Angelus Militans – Nunc Instantis, Carlotta Testori Studio, Milan | 2010 Ja, Ich Will! Zirkumflex, Berlin (D) | 2007 The Creation of Memory, Galleria Magrorocca, Milan | 2003 Von

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