Il Wwf: No a nuovi parcheggi in penisola sorrentina

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A distanza di quasi 20 anni dalla famigerata Legge Regionale n° 19 del 2001, che ha permesso di derogare illegittimamente al Put, sono migliaia i box auto realizzati nella costiera sorrentino-amalfitana, modificando irreversibilmente il paesaggio, e altrettanti sono in corso d’opera e si continuano a progettare.

Al posto degli storici fondi agricoli, degli agrumeti, dei noci, ciliegi e ulivi secolari, sono apparsi enormi baratri, dove costruire “scatole in cemento armato” e parcheggiarvi le auto, con la promessa di ripristinare, successivamente, sopra al baratro, il paesaggio violato: uguale a prima, con gli stessi alberi per “numero, specie ed età” pena, in caso di inottemperanza, l’immediata acquisizione dell’intera opera al patrimonio comunale. Ma il fantomatico “velo” di terreno promesso in molti casi non è mai apparso. E dove c’è sono stati piantati sparuti e risibili alberelli di limone, spesso seccati dopo l’impianto.

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Poi c’è l’Oasi in città, progettata dal Wwf e realizzata a Sant’Agnello, che ha dimostrato che, se solo si fosse voluto, si sarebbe quantomeno potuto ri-creare un po’ di natura in città. Ma è un’eccezione isolata nel marasma delle devastazioni operate con frenesia ovunque. Numerose autorimesse, a distanza di 16 anni, sono ancora in costruzione, con cantieri aperti e varianti in corso d’opera candidamente assentite dagli uffici tecnici preposti al controllo.

Il Wwf Terre del Tirreno ha di recente segnalato alla Procura della Repubblica ben quattro casi inerenti parcheggi nel Comune di Sant’Agnello: in via M. B. Gargiulo, in via San Martino, in via Cappuccini e in via San Vito.

In tutta la penisola, da Massa Lubrense a Vico Equense, la situazione è analoga: nonostante palesi e gravi difformità i box sono stati illegittimamente venduti ai privati, ma del verde promesso nemmeno a parlarne. A Sorrento si aspetta da anni che venga concesso l’utilizzo pubblico delle aree di superficie dei parcheggi privati, come condizione obbligatoria delle licenze rilasciate.

Eppure le plurime sentenze del Tar, del Consiglio di Stato, di Cassazione, della Corte Costituzionale e della Giustizia Penale, che in due decenni hanno chiarito la corretta applicazione delle norme e l’errata e pretestuosa interpretazione della Legge 19/01, parrebbero essere sfuggite a chi ancora si impegna a distruggere giardini e terreni.

È di questi giorni infatti l’annuncio, tramite un giornalino locale, della imminente costruzione di un ennesimo parcheggio interrato in zona 2 del Put nel Comune di Piano di Sorrento. Si tratta del fantomatico parcheggio nel cuore del centro storico, nel vicolo San Michele, al posto di un’area a verde costruita con i soldi della comunità europea e mai inaugurata.

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Un’opera fortemente osteggiata da cittadini e ambientalisti che aspettano da un quarto di secolo che quel parco, chiuso da un cancello, sia restituito alla cittadinanza.

Il progetto modificato più volte nel corso degli ultimi 17 anni è stato sempre osteggiato dal Wwf perché fuorilegge. Eppure pare che politici e tecnici di Piano di Sorrento non dormano la notte pur di riuscire a realizzare quell’opera?

Nel cassetto ci sono un milione e 802mila euro che la Regione Campania continua inspiegabilmente a “conservare” per tale struttura, tanto devastante quanto poco strategica oltre che non consentita dalle normative vigenti. Ma è chiaro che i tecnici del Comune sono in altre faccende affaccendati da non avere il tempo di leggersi almeno l’ultima delle sentenze del Consiglio di Stato (la n. 1081/2021) che, per una vicenda analoga nel Comune di Meta, ha chiarito come in zona 2 del Put i parcheggi interrati non si possono costruire.

La sentenza chiarisce come gli interventi possano essere solo pubblici e indicati dall’art 17 della L.35/87 ovvero “scuole dell’obbligo, impianti sportivi e attrezzature di interesse comune” e, dunque, tra essi non sono previsti i parcheggi pubblici che sono categoria, come ben esplicitato dal D.M. 1444/68, di opera pubblica assolutamente distinta dalle attrezzature di interesse comune.

Inoltre sarebbe da capire come si sia espressa la Soprintendenza e lo stesso ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, in materia di distanze dalle linee ferroviarie, con il d.p.r. n. 753/80 all’art. 49, prevede per le costruzioni lungo le linee ferroviarie una distanza minima di 30 metri dal limite di occupazione della più vicina rotaia. È di questi giorni la demolizione eseguita dello storico ristorante El Condor, posto nei pressi della Circumvesuviana, proprio perché non rispettava tali requisiti.

“Basta con i parcheggi sotto i giardini, basta col consumo del suolo, non ce lo possiamo più permettere – aggiunge Claudio d’Esposito presidente del Wwf Terre del Tirreno – col Wwf assieme ad altre associazioni ambientaliste siamo pronti a fare ogni opposizione e ricorso in tutte le sedi contro la cementificazione annunciata.

A distanza di venti anni dalla legge regionale sono stati costruiti migliaia di box privati che non sono affatto serviti a “togliere le macchine dalla strada” e a risolvere il problema del traffico e dell’inquinamento come promettevano. È chiaro che solo chi era in mala fede fingeva di crederci. Numerosi box sono poi stati trasformati in tutt’altro: negozi, palestre, attività commerciali, depositi, uffici, ecc. I controlli richiesti sono stati inesistenti o poco efficaci, come pure quelli per la verifica delle difformità delle opere dai progetti autorizzati”.

Il giro di affari messo in atto nella sola penisola sorrentina è stato pari a diverse centinaia di milioni di euro. E ora che il mercato nella penisola sorrentina è saturo diversi imprenditori si sono già spostati nell’altra costiera, quella amalfitana, dove un solo box auto lo si può piazzare anche a 150mila euro.

Le amministrazioni peninsulari si sono quasi tutte contraddistinte negli ultimi anni per una discutibile visione di “futuro” che ha portato alla tenace pianificazione, e messa in opera, di tutta una serie di progetti pubblici e privati che a ben vedere il più delle volte la legge non avrebbe consentito, ma che hanno comportato un enorme consumo di suolo e un irreversibile stravolgimento paesistico e ambientale.

Un suolo cementificato lo è per sempre. È perso per sempre. Tornare indietro significherebbe attendere migliaia di anni per fare in modo che lo strato di humus possa rigenerarsi. Oppure vorrebbe dire portare sul terreno appena liberato dal cemento del suolo fertile però preso da altre parti, ovvero sottraendolo altrove. In ogni caso la spesa di rigenerazione è elevatissima al punto da renderla assolutamente sconveniente. La cosa più conveniente è non consumarlo.

Cercare di conservare gli ultimi preziosi tasselli del nostro territorio, voler sottrarre alla cementificazione ogni singolo albero, ogni singolo metro quadro di terra, di mare o di spiaggia rimasta, è solo frutto della consapevolezza che l’unico vero sviluppo e futuro passa attraverso la conservazione e la gestione razionale delle risorse che madre natura ci ha donato”.

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