Abusi di necessità, il governo impugna la norma della Regione Campania

abusivismo

Il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare la legge della Regione Campania 19 del 22 giugno 2017, relativa a “Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio”. Secondo quanto reso noto da Palazzo Chigi, la decisione è motivata dal fatto che le norme “in materia di misure alternative alla demolizione degli immobili abusivi e di ampliamenti degli edifici adibiti ad attività manifatturiere, industriali e artigianali realizzabili in assenza di pianificazione urbanistica sono in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio contenuti nel Dpr 380/2001, nonchè con le norme statali preordinate alla tutela dell’ambiente, in violazione dell’articolo 117”.

La legge in questione era già stata al centro di non poche polemiche. La Giunta regionale, su indicazione del governatore Vincenzo De Luca e del vice Fulvio Bonavitacola, aveva indicato una soluzione per gli oltre 60mila alloggi abusivi in attesa di demolizione in Campania. La strada individuata da Palazzo Santa Lucia prevedeva la possibilità per le amministrazioni comunali di acquisire al proprio patrimonio tali immobili, da concedere poi in locazione agli stessi occupanti.

In questo modo, secondo gli esperti della Regione, si risolverebbero una serie di problemi: innanzitutto si eviterebbe l’abbattimento, che ha procedure lunghe, costi elevati e richiede appositi siti dove smaltire i materiali di risulta; al tempo stesso si colpirebbero i trasgressori togliendo loro la proprietà del bene senza però aggravare l’emergenza abitativa.

L’operazione è però subordinata a due condizioni fondamentali: che si tratti di un abuso “di necessità” e che l’alloggio non sia stato realizzato in contrasto con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico. Lo chiarisce opportunamente il disegno di legge approvato dall’esecutivo e poi dal Consiglio regionale. All’interno del provvedimento veniva appunto introdotto il concetto di abuso “di necessità”, da tempo al centro di un braccio di ferro tra coloro che si oppongono a ogni tentativo di sanatoria e quanti, invece, vorrebbero scongiurare una raffica di demolizioni.

L’incognita principale era apparsa quella legata alle competenze su cui evidentemente i dubbi non erano infondati alla luce della decisione del governo: la Regione può legiferare in materia o il potere di intervento spetta esclusivamente allo Stato? È assai probabile che sia stata proprio la risposta a questo quesito alla base della decisione del Consiglio dei ministri. Per evitare lo stop, per la verità, la Regione aveva deciso di utilizzare la formula delle “linee guida non vincolanti” per supportare gli enti locali “nella regolamentazione ed attuazione, ove ne ricorrano i presupposti, di misure alternative alla demolizione degli immobili abusivi”, da locare con preferenza per gli occupanti “di necessità”.

In pratica, “ferma restando l’autonoma valutazione dei Consigli comunali sull’esistenza di prevalenti interessi pubblici rispetto alla procedura di demolizione dei beni acquisiti al patrimonio”, la Regione prevede la facoltà per i Comuni di avvalersi di tali linee guida allo scopo di approvare atti regolamentari e di indirizzo sulla materia.

A tal proposito la Giunta regionale, come evidenziato ancora nel disegno di legge, aveva assicurato ai sindaci che ne faranno richiesta il supporto tecnico sugli interventi da mettere in campo. Ma spetterà alle amministrazioni comunali il compito di fissare tutti i parametri, a partire dalla regolamentazione della locazione ed alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio e dalla definizione dei criteri di determinazione del canone di locazione e del prezzo di alienazione. Ora bisognerà attendere che la querelle si risolva.

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