Abbattuto l’Albero dei rosari di Meta, insorge il Wwf

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META. Ennesima segnalazione, dell’ennesimo taglio di alberi, è giunta ieri mattina al Wwf Terre del Tirreno che da sempre si batte per la salvaguardia del patrimonio arboreo della penisola sorrentina, consapevole che esso costituisce un irrinunciabile e irripetibile polmone vitale per le popolazioni locali.

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“Purtroppo non c’è stato nulla da fare – dichiara Claudio d’Esposito, presidente della locale sezione dell’associazione – le moderne motoseghe ci hanno messo davvero poco ad abbattere e fare a pezzi quell’albero, che aveva impiegato decenni per crescere e sopravvivere a tutto e a tutti, meno che all’uomo”.

Ache vegetava da oltre mezzo secolo in piazza Veniero a Meta. Lo si poteva ammirare anche da lontano. Con la sua folta chioma tondeggiante di un verde brillante, ombreggiava il piazzale e dominava dall’alto la baia di Alimuri.

“Quell’albero, sempre più utilizzato nelle alberature di viali e di strade cittadine particolarmente trafficate, era da ammirare in tutto l’arco dell’anno: da fine di aprile a metà di giugno quando si riempiva di fiori profumatissimi di colore viola pallido o lilla; in estate per la frescura della sua folta chioma; in autunno col suo fogliame giallo intenso; e in inverno con miriadi di piccole bacche sferiche, lisce di colore giallo chiaro a maturazione bianche e grinzose, che persistono sui rami nudi per tutto il periodo invernale, con la polpa succosa molto appetita da diversi uccelli”.

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La Melia azedarach, è un albero esotico originario dell’India e della Malesia diffuso allo stato spontaneo in tutte le zone con clima mite dell’Asia orientale, degli Stati Uniti, dell’Australia e di tutta l’Europa. In Italia questa pianta, chiamata anche “albero dei paternostri”, fu introdotta nell’800 e da allora viene coltivata un po’ ovunque soprattutto nelle regioni centro-meridionali per la bellezza dei suoi fiori e frutti e per l’incredibile resistenza della pianta a condizioni avverse: al freddo, alla siccità e all’inquinamento.

Tollera il vento, il freddo e le temperature fino -10° C. Le foglie emanano un odore sgradevole che rende l’albero praticamente immune da attacchi di parassiti o insetti fitofagi. Il nome specifico azedarach è d’origine persiana e significa albero nobile, ma deve il suo nome ai noccioli o semi delle bacche che, nei luoghi di origine, vengono facilmente perforati ed utilizzati per la fabbricazione di rosari, collane e bracciali.

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La pianta di piazza Veniero, a seguito di assurdi tagli di capitozzatura operati in passato e di recente, aveva sviluppato una carie con una cavità che gli conferiva un aspetto corrugato e particolare ancora più affascinante. È corretto dire che l’albero fosse “malato”, ma è anche assolutamente vero che tale pianta poteva tranquillamente continuare a vivere e vegetare per altri decenni e non rappresentava di certo alcun pericolo.

È chiaro che si tratta di scelte politiche, ovvero conservare e curare gli alberi della città o continuare a sostituirli con esemplari giovani che, con l’esperienza concreta, spesso crollano e muoiono ancor prima di attecchire e crescere?

Sulla scelta da farsi se sostituire o conservare le alberature, la scienza non ha dubbi. È dimostrato che i preziosi servizi ecosistemici forniti dagli alberi negli ambiti urbani aumentano man mano che gli alberi crescono. La dimensione dell’albero, infatti, incrementa l’accumulo di carbonio, allo stesso modo un albero grande, grazie al maggior volume della chioma, rimuove gli inquinanti 70 volte in più rispetto ad uno piccolo.

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Più l’albero è grande e più sarà capace di assorbire gli inquinanti atmosferici, contrastare i cambiamenti climatici, ridurre il rumore, migliorare il paesaggio e la biodiversità. È stato accertato che laddove si è provveduto al rinnovo degli alberi (vedi parchi di Varsavia o quelli di Pisa) l’avifauna ha subìto un deciso crollo.

In un prossimo futuro secondo gli esperti sentir cantare gli uccelli diventerà un evento sempre più raro e nel 2030, oltre a soffrire di caldo e a dover mettersi al riparo da incendi ed eventi meteorologici disastrosi, i cieli si svuoteranno dai volatili. Come aveva previsto Rachel Carlson in Primavera silenziosa, il primo saggio ambientalista scritto nel 1962, siamo di fronte a un ecatombe.

State of the world’s birds, lo stato degli uccelli nel mondo, il risultato di una mappatura realizzata da Bird Life International nel 2018, parla chiaro: l’estinzione sta procedendo in modo così veloce che ormai non solo le specie più rare, ma anche quelle più comuni stanno scomparendo.

In quanto agli aspetti connessi con la sicurezza, ci si chiede se e chi abbia periziato l’esemplare arboreo in questione? In ogni caso è basilare che le perizie sulla stabilità siano rigorose, senza enfatizzare una “paura” per gli alberi, che non trova, nella maggior parte dei casi, riscontri statistici e scientifici.

La Melia azedarach è un albero alto massimo 10 metri, con un legno che resiste all’acqua ed è immune dai tarli, dotato di un robusto e profondo apparato radicale di tipo fascicolato. L’esemplare in piazza Veniero era saldamente ancorato al suolo.

Di fronte all’evidente cambiamento del clima in atto non si può continuare a rincorrere le emergenze ma bisogna intervenire in modo strutturale favorendo nelle città la diffusione del verde capace di catturare lo smog. Le piante concorrono a combattere le polveri sottili e gli inquinanti gassosi. Mai come oggi c’è una necessità impellente e vitale di aumentare il verde e gli alberi in città. Gli alberi vanno piantati e non abbattuti.

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