La cooperativa Ceps chiede 5 milioni di danni al Comune di Sorrento

L’avvocato Massimo Mandara per conto e nell’interesse della Cooperativa Edilizia Penisola Sorrentina (Ceps) ha predisposto un corposo atto di citazione con allegata documentazione a sostegno dell’azione civilistica contro il Comune di Sorrento dopo l’annullamento del permesso a costruire n.1/2017 in ordine alle carenze amministrative sanzionate nelle rispettive sentenze emesse dal Tar Campania, n. 6699/2018, e dalla definitiva sentenza del Consiglio di Stato, n. 3270/2020, per la costruzione di quarantotto appartamenti in località Atigliana che dovevano costruirsi con il Piano Casa.

L’atto di citazione notificato dall’avvocato Mandara in questi giorni all’amministrazione comunale sorrentina è riferita alla richiesta di risarcimento di una serie di danni patiti dai soci del Ceps per complessivi circa 5 milioni di euro.

La richiesta configura un consistente danno patrimoniale documentato dagli ingenti esborsi finalizzati alla costruzione degli appartamenti nonché un danno non patrimoniale, come il danno d’immagine recato alla Ceps ed ai suoi soci e di cui si chiede al giudice la quantificazione. Danni derivanti da quella che viene definita una “lunga, estenuante e defatigatoria attività procedimentale ad opera dell’amministrazione comunale guidata da Giuseppe Cuomo e dal dirigente responsabile dell’ufficio tecnico, la cui condotta ondivaga aveva ingenerato affidamento incolpevole in Ceps nel periodo che va dal deposito del progetto edilizio fino all’annullamento del permesso a costruire ad opera del Consiglio di Stato con sentenza del maggio 2020”.

Ciò, in quanto il CEPS, senza sua colpa, spiega nella sua corposa citazione l’avvocato Mandara, “aveva confidato nella legittimità apparente del procedimento e nella buona fede e correttezza della condotta dell’Ente pubblico già messa in guardia dalle osservazioni emerse nel corso dell’istruttoria procedimentale ad opera della Città Metropolitana poi completamente disattese dal Comune di Sorrento venendo meno al rispetto dei principi generali di comportamento di cui all’art. 97 della Costituzione, quali la perizia, la prudenza, la diligenza, la correttezza. Una vicenda dagli esiti paradossali in cui il cittadino avrebbe dovuto aspettarsi uno sforzo maggiore, in termini di correttezza, lealtà, protezione e tutela dell’affidamento, rispetto a quello che si attenderebbe dal chiacchiericcio popolare del “si dice” o “si può fare”.

Cartina di tornasole di questo comportamento “dilatatorio e omissivo dell’amministrazione comunale di Sorrento” e del “dirigente Donadio”, la “convenzione che con una specifica relazione propositiva del dirigente veniva fatta propria dall’amministrazione Cuomo con delibera di Consiglio comunale n. 34 del 27/3/2015 ed approvata tra la parte pubblica e il privato/Ceps, ma che non veniva sottoscritta se non dal Commissario Ad-Acta nell’ottobre 2017. Due anni dopo. Perché?”, si chiede il legale.

Sicché, da ultimo, oltre il danno la beffa per le riscontrate (dapprima dalla sentenza del Tar Campania n. 6699/2018) “carenze” sul piano della istruttoria procedimentale che hanno causato alla Ceps un notevole dispendio economico documentato in circa 800mila euro per costi e spese nel corso dell’ampio arco temporale entro cui si è protratto il procedimento amministrativo, conclusosi altresì solo con un provvedimento del Commissario Ad Acta – dopo la richiesta di giudizio ex artt. 117 e 31 c.p.a. nei confronti del Comune di Sorrento avverso l’inerzia da quest’ultimo e di cui alla condanna n. 5757/2016 del Tar Campania – e non dell’Ente deputato.

Un danno, quindi, “perpetrato nel tempo con il lungo iter di approvazione del permesso a costruire poi annullato durato oltre sette anni, con una evidente lesione anche del diritto soggettivo all’autodeterminazione negoziale avendo il ritardo nell’adozione del provvedimento indotto la cooperativa al compimento di scelte (che non avrebbe compiuto) che sono state fonti di perdite e di mancati guadagni (che avrebbe potuto realizzare) se avesse ricevuto una tempestiva e chiara risposta dalla pubblica amministrazione”.

Un iter che, secondo l’avvocato, “di fatto ha negato ai tanti soci della cooperativa Ceps la cosiddetta aspettativa del bene della vita”. Pertanto la cooperativa chiede al giudice “il risarcimento del danno da provvedimento favorevole poi annullato per la violazione da parte della pubblica amministrazione dell’obbligo di comportarsi in buona fede, sulla base di tale affidamento incolpevole riposto dal Ceps nella legalità dell’azione amministrativa ed a cui erano sottesi i non corretti comportamenti anche meramente materiali dell’Ente”.

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