È di questi giorni la notizia, riportata su molti quotidiani, degli esiti delle indagini di Legambiente sullo stato del mare italiano, che evidenzia la forte contaminazione dei tratti di costa della Campania prossimi alle foci dei corsi d’acqua. Questi dati, come tanti altri, fanno parte di un rituale che si ripete ogni anno durante il periodo estivo, quando vengono diffusi i risultati delle analisi eseguite per valutare la qualità del mare e le informazioni sulla balneabilità delle coste. Dalla loro lettura risulta di solito difficile trarre indicazioni chiare, dal momento che vengono riportate situazioni non sempre coincidenti, se non contraddittorie.
E in tal senso basta ricordare la recente positiva notizia dello scorso maggio relativa all’aumento del numero di Bandiere blu in Campania, che con 18 spiagge si pone al 3° posto in Italia dopo la Liguria e la Toscana. Peraltro, l’attendibilità di queste notizie è inevitabilmente condizionata dalla percezione che personalmente traiamo giornalmente come bagnanti e frequentatori delle nostre spiagge. Tali discrepanze, secondo noi, non sono di norma riconducibili a errori o a interpretazioni inappropriate dei dati, ma dipendono, tipicamente, dalle differenti modalità di indagine, dai tratti di costa interessati dalle rilevazioni, dalle matrici che ne sono oggetto, dai parametri monitorati.
In ogni caso, la disamina della totalità dei dati e delle informazioni evidenzia un risultato incontrovertibile: la cattiva depurazione dei reflui che ancora caratterizza la nostra regione e continua a essere un’emergenza irrisolta. Il sistema depurativo campano ha, infatti, urgentemente bisogno di essere adeguato e, laddove necessario, completato, attuando interventi diventati oramai improcrastinabili per rilanciare la valenza turistica delle aree più compromesse, innanzitutto il Litorale Domitio, consolidando al contempo quella delle aree più rinomate, come il Cilento, le isole e la costiera amalfitana.
Come in tanti altri campi, anche in tema di depurazione delle acque reflue la Campania si caratterizza per una serie di contraddizioni, con alcune luci ma anche molte ombre. Tra le prime, non può non essere ricordato come la nostra sia stata la prima regione italiana dotata, dalla Cassa per il Mezzogiorno, alla fine degli anni settanta, di un ponderoso piano organico, noto come PS3, per la raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei reflui prodotti in un’ampia parte del territorio. Allo stesso tempo, va sottolineata l’importanza che hanno avuto i recenti avvii di importantissimi interventi di disinquinamento, tra i quali spicca l’inaugurazione dell’impianto di depurazione di Punta Gradelle a Vico Equense, gioiello dell’ingegneria sanitaria-ambientale, nel quale già confluiscono gran parte dei reflui prodotti dai comuni della Penisola Sorrentina.
Di contro, come detto, non mancano le ombre. Il sopracitato PS3, non è stato completato, in particolare per quanto riguarda i sistemi fognari. Sussistono poi alcune aree quasi del tutto prive di impianti di depurazione, come accade nell’isola di Ischia o in alcuni centri interni della Regione, i cui reflui sono comunque trasferiti a mare attraverso corsi d’acqua, quali, tra gli altri, il Volturno, i Regi Lagni, l’Irno, il Sarno, in prossimità delle cui foci sono state rilevate da Legambiente situazioni di forte compromissione. Tra le ombre vanno altresì inserite le condizioni in cui versano molti degli impianti di depurazione esistenti, che richiedono significativi adeguamenti, riguardanti, in primo luogo, il rinnovo delle apparecchiature elettro-meccaniche e la ristrutturazione delle opere civili.
Ugualmente importanti sono gli interventi deputati al miglioramento delle prestazione degli impianti e al relativo controllo, indispensabili per garantire i limiti allo scarico fissati dalle disposizioni normative attualmente vigenti. Infine, sarebbe opportuno ripensare alla configurazione degli impianti, allo scopo di recuperare le risorse contenute nei reflui, sulla base dei principi dell’economia circolare. A tal riguardo, è confortante che per alcuni importanti impianti dell’area napoletana siano state già espletate le gare per gli affidamenti di una parte dei lavori, dei quali va auspicato la celere ultimazione. Il completamento del sistema depurativo campano permetterà, innanzitutto, di sottrarsi alle dure conseguenze delle condanne e procedure d’infrazione inflitte dall’Unione europea, costate già una multa di 25 milioni di euro, mentre ulteriori 30 milioni di euro saranno addebitati ogni sei mesi fintantoché sussisterà la situazione attuale. Inoltre, con il suddetto completamento sarà favorito il progresso economico e occupazionale della nostra Regione, sia per l’ulteriore impulso che potrà avere il movimento turistico, ma anche sfruttando le risorse contenute nei reflui, in grado di contribuire al soddisfacimento della crescente domanda di acqua dolce, di energia e di altre materie prime.
Maurizio Bifulco e Francesco Pirozzi dell’Università Federico II da Il Mattino