Zigla-Polace è un villaggio di quasi tremila anime. Si trova nel cuore dell’Africa, nel bel mezzo del Burkina Faso, precisamente nella provincia di Boulgou, a una cinquantina di chilometri dalla capitale Ouagadougou. Qui, tutti i giorni, è sempre la stessa storia: caldo pazzesco, povertà, sofferenza. I sorrisi, però, da qualche tempo non mancano. Perché anche se la corrente elettrica non esiste e non ci sono televisioni o smartphone, si può comunque fantasticare rincorrendo un pallone a piedi nudi sul terreno arido.
E, magari, indossando magliette e pantaloncini arrivati dall’Italia, direttamente da Sorrento. Il sogno di un’altra vita di 22 bambini-burkinabé è diventato realtà da qualche giorno dopo che il carico è giunto finalmente a destinazione. “Siamo emozionati e contiamo di fare molto di più, vogliamo soltanto dare una mano a chi è in difficoltà attraverso la bellezza dello sport. La nostra missione d’altronde è pure questa” sussurra con un filo di commozione l’avvocato Giuseppe Cappiello, da due anni presidente del Sorrento 1945, neo promosso in serie D.
Questo ponte di solidarietà con il Burkina Faso, d’altronde, è nato quasi per caso e proprio grazie al fratello del massimo dirigente rossonero. Mariano Cappiello, da anni, lavora in una grande impresa del settore agricolo con sede in provincia di Caserta. Alle sue dipendenze c’è un giovane operaio, originario proprio del villaggio di Zigla-Polace. Anni fa il ragazzo giunse in Italia e, dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, ha iniziato a lavorare. Un giorno, il giovane viene a sapere che il fratello di Cappiello è il presidente di una squadra di calcio. Allora gli rivolge un appello: “Servirebbero degli aiuti al mio villaggio. Siamo poveri e i bambini possono divertirsi soltanto giocando a pallone”.
Pochi minuti e Mariano Cappiello avverte il fratello. La dirigenza del Sorrento non si tira indietro. Anzi, sposa immediatamente la proposta di spedire in Africa dei completini della prima squadra e dei palloni. Viene anche informato l’armatore Gianluigi Aponte, il patron del colosso Msc, sponsor storico del Sorrento, che dal quartier generale di Ginevra aderisce con entusiasmo all’iniziativa e inizia a seguire passo dopo passo la spedizione della merce in Burkina Faso. In pochi giorni si organizza tutto, ovviamente via mare, con 22 kit da gioco della prima squadra custoditi in un container sistemato a bordo di un mercantile.
Quando il dono arriva al villaggio è un tripudio. I bambini vanno all’assalto di magliette e pantaloncini, indossano la divisa e grazie ai palloni “made in Sorrento” organizzano una partitella in un campo di fortuna che ribolle di afa ed entusiasmo. Scherzano, sono spensierati. Ma giocano a piedi nudi. Di scarpini, per ora, neppure l’ombra: non ne hanno per camminare, figuriamoci se hanno delle paia da calzare per una partita di calcio. “A stretto giro – precisa Cappiello – manderemo al villaggio numerose scarpe da gioco. Non possiamo fermarci, vogliamo dare ancora una mano. Il calcio deve essere questo, il nostro progetto ha finalità sociali, proprio come impartito da Aponte. Una ricetta che sposiamo in pieno e che è condivisa anche dal sindaco Giuseppe Cuomo”.
E i tifosi? Anche loro si sono fatti avanti. Alcuni, dicendosi pronti a comprare a proprie spese attrezzature sportive, così come scrivono in privato alla pagina Facebook del Sorrento che, appena ha condiviso una foto dei bambini, ha raccolto centinaia di like e commenti. “Una bella dimostrazione di affetto che ci spinge a proseguire. La gente – chiosa Cappiello – ha capito che non parliamo affatto della volontà di istituire una scuola calcio, ma di dare una mano attraverso il calcio a chi merita una vita migliore”. Eppure, qualche bambino ha talento. Uno di loro, un tredicenne, alcuni mesi fa è stato reclutato dal club Brugge, blasonata squadra belga che milita nel campionato di serie A con svariate partecipazioni alla Champions League.
di Salvatore Dare da Metropolis