I bambini di Piano di Sorrento a lezione di Natura dal Wwf

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In occasione della “Giornata nazionale degli Alberi” il presidente del Wwf Terre del Tirreno, assieme all’assessore alla Pubblica istruzione del Comune di Piano di Sorrento, ha distribuito alle terze elementari della cittadina della costiera un “kit” per far “far nascere le roverelle”, raccontando segreti e curiosità del mondo vegetale.

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Centinaia di piccole ghiande sono state affidate agli alunni delle classi terze dell’Istituto comprensivo Piano di Sorrento e della scuola paritaria San Michele Arcangelo, per accudirle e farle crescere, consapevoli che “chi pianta un albero pianta una speranza”.

“Gli alunni hanno ascoltato con grande interesse una lezione sull’importanza della Natura – racconta Antonella Arnese, assessore alla Pubblica istruzione di Piano di Sorrento – scoprendo tante curiosità su piante, alberi e animali che non conoscevano. Al termine della lezione hanno ricevuto alcuni semi di roverelle, assieme ad un libricino illustrato con le “istruzioni”, con il compito di piantarle nel proprio giardino oppure in vasi e di prendersene cura. Tra due anni ci diranno quante ghiande si saranno trasformate in querce”.

La Giornata dell’Albero è un’occasione per richiamare l’attenzione di tutti, soprattutto dei più giovani, sull’importanza dei boschi e delle foreste, sul loro fondamentale ruolo di polmone verde per la Terra.

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“Gli alberi sono sulla Terra da circa 300 milioni di anni e ci permettono di vivere la nostra avventura su questo pianeta – ha spiegato Claudio d’Esposito, presidente del Wwf Terre del Tirreno – al di fuori del quale, nell’universo sconfinato, la vita al momento ci appare impossibile. L’ossigeno che respiriamo, il cibo che mangiamo, ma anche i vestiti, i mobili, l’energia, le medicine: dobbiamo tutto questo al mondo vegetale.

Gli alberi oltre ad impreziosire il paesaggio costituiscono un elemento indispensabile dell’ecosistema, ci aiutano a combattere i cambiamenti climatici, a ridurre il gas serra, a purificare l’aria dai gas di scarico, servono al ciclo della vita e per garantire la sopravvivenza di tantissime specie”.

Circa 10mila anni fa, dopo l’ultima glaciazione, in Italia i boschi ricoprivano quasi l’intera penisola. Con l’aumento della popolazione aumentò l’utilizzo del legname per le costruzioni e per tutti gli strumenti di lavoro e di trasporto; questo insieme al fiorire della pastorizia e dell’agricoltura comportò la progressiva diminuzione del patrimonio boschivo. Nel corso dei secoli poi, con la rivoluzione industriale e le due guerre, la superficie dei boschi nel nostro Paese si è ridotta ancor più drasticamente. Gli alberi più grossi ed imponenti, quelli monumentali, a cui la legge oggi cerca di porre un vincolo, furono i primi ad essere abbattuti per il prezioso legname e la loro consistenza numerica fu quasi resettata.

Oggi con una nuova coscienza naturalistica si cerca di studiare, censire e salvaguardare proprio gli ultimi patriarchi arborei della nazione che raccontano la storia, hanno ispirato l’arte, la religione e il mito: sono i Grandi Alberi, secolari, vetusti e marcescenti ma che, nella loro corteccia corrugata e nelle cavità del legno, ospitano una miriade di forme di vita, da quelle microscopiche alle più spettacolari.

Per i molti motivi che rendono l’albero fondamentale per la vita sulla Terra, su proposta del ministero dell’Ambiente, il 21 novembre di ogni anno si celebra la “Giornata nazionale degli alberi” al fine di perseguire, attraverso la valorizzazione dell’ambiente e del patrimonio arboreo e boschivo, l’attuazione delle politiche di riduzione delle emissioni di CO2, la prevenzione del dissesto idrogeologico ed il miglioramento della qualità dell’aria.

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“Mai come oggi – continua Claudio d’Esposito – stiamo vivendo il problema del clima con eccessi di pioggia, di vento, di sole. È come se il termostato fosse rotto. Dobbiamo riprendere a pensare che siamo natura, che siamo animali nell’aria e stiamo insieme al muso delle volpi e agli aghi di pino, ci sono le nostre rughe e gli anelli degli alberi, ognuno sulle sue cellule raccoglie firme del tempo che passa. E dobbiamo riconsiderare il nostro modo di abitare le città, dobbiamo imparare a riportare la Natura violata anche, e soprattutto, in città, ad avere confidenza con gli alberi.

Gli alberi non sono uguali. Alcuni sono più fragili di altri. Bisogna sapere dove li piantiamo, bisogna sapere che danneggiare le radici è una ferita che non vediamo, ma loro la sentono benissimo. E lo stesso quando li potiamo in modo scriteriato. Bisogna sapere di più degli alberi. Non servono solo a darci frutta o legna o ombra. Gli alberi cantano, comunicano tra loro, gli alberi hanno a che fare con noi ma anche con batteri, insetti, uccelli. Pensate agli ulivi millenari della Puglia falcidiati da un batterio, agli alti pini domestici disseccati a migliaia da una cocciniglia, e pensate al fuoco dell’estate 2017, un’estate in cui abbiamo mandato al rogo milioni di alberi senza mai ripiantarli.

Ai bambini in classe abbiamo spiegato che “qualsiasi stupido è capace di tagliare un albero”, ma solo pochi hanno la sensibilità e l’amore per difenderli e piantarne di nuovi. Facciamo parte, assieme agli alberi, di questa avventura sulla Terra che gira. Dobbiamo capire che le apparteniamo, non ne siamo i padroni. Dobbiamo capire che molte delle nostre azioni consumistiche stanno modificando e distruggendo reti biologiche millenarie e planetarie. Dobbiamo tornare ad ascoltare gli alberi. Creare una nuova alleanza con gli animali e le piante. Usare la tecnologia non per isolarci dalla natura, ma per abitarla meglio. Dobbiamo ricominciare ad ascoltare, nel frastuono delle motoseghe, il silenzio assordante di una ghianda che germoglia. Mettere a dimora alberi è segno di grande maturità, di coscienza civile e ambientale, oltre che l’ultimo dei gesti altruistici”.

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