Il Tar blocca l’aumento dell’imposta regionale sui lidi balneari: in penisola le tariffe si sarebbero raddoppiate

SORRENTO. Erano già pronti ad un’estate rovente, fatta di picchetti, proteste e serrate contro i rincari. Ora, però i titolari degli stabilimenti balneari possono tirare un sospiro di sollievo. Il Tar della Campania ha accolto il ricorso delle associazioni di categoria ed ha disposto la sospensiva su un decreto che dava il via libera all’aumento dell’addizionale regionale per chi utilizza, in concessione statale, porzioni di demanio pubblico, in particolar modo quello marittimo, con finalità turistica e con uso di specchi d’acqua. L’incremento dell’addizionale andava dal 25 al 100 per cento dell’importo della concessione, a seconda della classificazione delle località turistiche campane. In sostanza, nelle zone di maggiore valenza (tra le quali rientrano tutti i Comuni della penisola sorrentina), il costo della concessione si sarebbe raddoppiato rispetto alla cifra base. Una vera stangata per l’industria balneare della Regione, già alle prese con innumerevoli problemi ambientali, logistici e organizzativi.

La vittoria al Tar, grazie al ricorso presentato dal presidente dell’Assobalneari, Antonio Cecoro, è solo il primo round della battaglia intrapresa dagli operatori. Si resta, infatti, in attesa del giudizio di merito che è stato fissato per il 24 luglio. “Intanto – dicono dall’associazione di categoria – i Comuni costieri della Campania, che stavano avviando la riscossione dei tributi, dovranno rivedere i calcoli e bloccare gli incrementi”.

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L’aumento dell’addizionale regionale sulla concessione demaniale statale era stato deciso lo scorso anno con la legge finanziaria approvata dal Consiglio della Regione Campania. La manovra economica regionale aveva stabilito di portare al 25 per cento del canone di concessione statale, l’importo dell’addizionale di competenza regionale. Tale cifra, però, saliva al 100 per cento per le concessioni di carattere ricreativo con specchi d’acqua (cioè, i lidi balneari), nelle località ad alta valenza turistica (categoria A, nella quale rientra l’intera penisola sorrentina); l’incremento si fermava invece al 50 per cento nelle località di media valenza turistica (categoria B1), e al 25 per cento per quelle di bassa valenza turistica (categoria B2). Un colpo durissimo, in ogni caso, per una economia già boccheggiante. 
Per classificare le località campane si è dovuti aspettare il 29 novembre scorso, quando il Dipartimento economico dell’ente di via Santa Lucia ha emanato il decreto dirigenziale 125, che ha stilato una dettagliata graduatoria delle località costiere della Campania, assegnando a ciascuna un punteggio sulla potenzialità economica.

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Trentanove città sono finite nella lettera A, quella di alto pregio. Dodici in zona B1. E solo otto in zona B2. “tale classificazione – si legge in una nota dell’Assobalneari – determinerebbe una disparità di trattamento tra gli operatori del settore della Campania, oltre che con gli operatori delle altre Regioni italiane dove la previsione di incremento più alta è quella della Toscana, appena il 25 per cento. In nessuna altra Regione, neanche in quelle dove si trovano le spiagge più rinomate e frequentate, si è pensato di fare cassa in questo modo, mettendo a rischio una delle più popolari attività legate al mare, provocando un aumento mostruoso delle tariffe”.

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