“Confido nella giustizia: giusto celebrare i processi in tutti i gradi di giudizio, verificare se ci sono responsabilità da parte di amministratori, funzionari, tecnici e imprenditori, verificare la legittimità delle procedure e dei titoli edilizi ma tuteliamo le famiglie che di certo sono in buona fede”. Ad affermarlo è l’ex sindaco di Sant’Agnello, Piergiorgio Sagristani, che affida ad un lungo post sui social la ricostruzione della vicenda.
“Tutto è iniziato nel 2009, allora non ero sindaco e c’era un’altra amministrazione, quando è stata promulgata la legge regionale n.19, la cosiddetta legge piano-casa, che consentiva di realizzare progetti di housing sociale dando quindi la possibilità ad ogni Comune di individuare un’area dove poter realizzare l’housing – spiega l’ex primo cittadino -. L’amministrazione Orlando, considerando che l’area interessata era classificata come zona C2 con la previsione di realizzare case, giustamente decise che all’epoca era possibile edificare individuando la zona in via San Martino con due delibere: una del 2010 con cui si individuava la zona secondo la legge 19 e l’altra del 2011 stabilendo che si poteva realizzare un programma di housing sociale realizzando appartamenti e soddisfare così la domanda di casa da parte dei cittadini.

Quindi grazie a questa legge regionale i Comuni hanno avuto la possibilità di individuare le zone dove realizzare progetti di housing sociale e il Comune di Sant’Agnello decide giustamente di farla realizzare nella zona di via M.B.Gargiulo San Martino dove già era previsto un Peep.
Nel 2014 durante la mia consiliatura un gruppo di cittadini di Sant’Agnello in consorzio, proprietari di quella zona, proposero al Comune un progetto di housing sociale da realizzarsi là dove anni prima il Comune aveva deliberato che si poteva realizzare questo tipo di intervento.
Perché fu presa in considerazione questa proposta? Per una serie di motivi. C’erano state negli anni diverse richieste all’Istituto autonomo Case Popolari di ottenere un finanziamento per realizzare case popolari, ma tutte senza esito.
Col progetto di housing il Comune non avrebbe dovuto sostenere alcun investimento economico, o fare mutui a carico della collettività, si sarebbe fatto un bando pubblico per assegnare case con prezzi calmierati, un sorteggio pubblico trasparente e una graduatoria pubblica secondo i criteri adottati per le cooperative e cioè: dovevano essere in maggioranza nuclei familiari di Sant’Agnello con residenza da più anni, senza proprietà di una casa e soprattutto con redditi non alti. L’agrumeto alle spalle del futuro complesso edilizio che è rimasto tuttora conservato dopo i lavori sarebbe diventato un parco pubblico con la libera fruizione da parte di tutti i cittadini di Sant’Agnello.
Il Comune dà quindi l’ok al piano e si avvia l’iter con una serie di verifiche da parte dell’ufficio tecnico che stabiliscono che questo progetto è compatibile con la normativa vigente per cui si procede nell’iter. In una seconda fase compare la SHS che si affianca ai proprietari del terreno.
Questo primo progetto che risale al 2014 viene trasmesso alla Sovrintendenza che lo ritiene molto più ampio di quello che poi è stato realizzato e non compatibile col PUT per vincolo ambientale per cui viene bocciato evidenziando che poteva essere preso in considerazione un progetto di minore volumetria e minore impatto ambientale.
La parte presenta quindi un progetto più ridotto rispetto a quello originario e questa volta la Sovrintendenza l’approva sostenendo che questa versione ridimensionata è compatibile col Prg e con il Put. Dopodiché il progetto viene inviato agli organi superiori per i pareri di competenza e la Provincia di Napoli che può dare un parere consultivo fa un’osservazione sostenendo di valutare la compatibilità di questa norma con il PUT perché la legge 19 non è applicabile là dove persistono i vincoli del PUT.
Viene chiesto allora un parere all’avvocato convenzionato con il Comune, il professor Ferdinando Pinto che sostiene che in quel momento storico la legge 19 è applicabile al caso ed è possibile applicarla anche nelle zone sottoposte a vincolo del PUT. Per un’altra legge simile, la 15 che riguarda i sottotetti però era sorto un conflitto innanzi alla Corte Costituzionale per cui Pinto evidenzia che l’eventuale parere negativo della Corte per l’altra legge in futuro avrebbe potuto aprire nuovi scenari, ma in quel momento era pacifica l’applicazione della legge 19 al piano di housing sociale tanto è vero che la legge 19 è stata dichiarata anticostituzionale solo nel 2021 per cui prima era applicabile.
Del resto l’avvocato Pinto, che è stato sentito come teste nel processo, ha ribadito innanzi alla corte che in quel momento la legge 19 era applicabile.
Dopodichè si susseguono tutta una serie di pareri e intanto viene stipulata la convenzione, viene effettuato pubblicamente il sorteggio e inizia l’iter dell’housing nel 2016 dopo il parere dell’ufficio tecnico, del legale del Comune e della Sovrintendenza.
Dal 2016 al 2020 mentre si sta costruendo il complesso edilizio ci sono stati una serie di esposti da parte delle associazioni ambientaliste, con una serie di avvocati alle spalle, che sostenevano che la legge 19 non era compatibile con il PUT e l’opera era illegittima.
In base a questi esposti alla Procura della Repubblica, questa giustamente ha disposto due deleghe di indagini: nel 2017 e nel 2019, chiedendo ai carabinieri di acquisire tutti gli atti e le procedure, ha nominato due tecnici consulenti della procura diversi che hanno verificato tutte le procedure e hanno ritenuto tutto legittimo e in regola archiviando gli esposti.
In questa fase se il PM e i tecnici della Procura incaricati avessero valutato che permanevano illegittimità nell’operazione, la costruzione dell’housing non sarebbe proseguita, si bloccava tutto e non venivano coinvolte le famiglie per cui non ci sarebbe stato l’esborso di ingenti risorse finanziarie da parte della famiglie con tutto quello che ne è seguito.
La prima domanda che mi faccio: noi amministratori e i tecnici comunali dovevamo ritenere che questo progetto fosse illegittimo mentre due PM con i loro tecnici di parte avevano ritenuto che fosse tutto normale e lecito? Questa è stata la prima condizione che ha permesso di proseguire e di andare avanti fino al 2020.
Quando i compromissari assegnatari avevano pagato la metà delle cifre per acquistare la loro casa alle condizioni previste dal bando, un terzo PM con la consulenza di un altro tecnico ha rimesso tutto in discussione ritenendo illegittimo il piano rispetto alla legge e quindi ha disposto il sequestro dell’edificio. Il comune all’epoca diede un incarico ad un illustre urbanista il professor Riano per verificare la legittimità dell’opera e il suo parere fu che nella seconda versione ridotta quella approvata dalla Sovrintendenza non si era usufruito della legge 19 e quindi in deroga al Put e il permesso a costruire era compatibile al Prg e al Put.
Da allora, il 20 febbraio 2020, è iniziato l’iter giudiziario con contestazione di abuso edilizio, falso e abuso d’ufficio escludendo reati frequenti nelle pubbliche amministrazioni come la corruzione o altro e il calvario delle famiglie che, a pochi giorni dall’inaugurazione, avevano lasciato le loro case non essendone proprietari per trasferirsi nell’housing e invece si sono ritrovate a vivere dei mesi in situazioni disastrose. Però da cittadini perbene hanno rispettato le decisioni della magistratura nessuno di loro è entrato nelle case quando erano sottoposte a sequestro.
C’è stato quindi un ricorso al Tribunale del Riesame che in un primo caso ha dichiarato che il progetto era legittimo determinando di conseguenza il dissequestro dell’immobile per cui le famiglie che vivevano in situazioni precarie e non avevano altre soluzioni hanno scelto di entrare nelle case confidando nella sentenza del tribunale del Riesame.
Gli assegnatari che vengono definiti non in buona fede, penso che sono invece in buonissima fede anche perché sono persone entrate in casa solo dopo la sentenza di un tribunale, hanno partecipato a un bando pensando che fosse tutto legittimo e dopo che c’è stato il dissequestro dell’immobile sono entrati nelle loro case.
Il calvario non si è concluso, c’è stato un ricorso in Cassazione che ha annullato la sentenza del Tribunale del Riesame con la conseguenza di un secondo sequestro e di un primo ordine di sgombero. È iniziata quindi la fase degli incidenti di esecuzione: il primo giudice ha detto che le persone potevano restare nelle loro case fino alla sentenza di terzo grado, ma un nuovo ricorso in Cassazione ha prodotto un nuovo annullamento e il nuovo giudice di esecuzione ha rinviato tutto alla Cassazione e nonostante il procuratore della cassazione ha stabilito che non ci fosse un aggravio del carico urbanistico di fronte alle previsione di piano e la dimostrazione che nonostante gli assegnatari si sono insediati da diversi anni non sono state necessarie nuove opere di urbanizzazione primaria e secondaria e neanche ci sono stati problemi di viabilità, di scarichi fognari e di rifiuti, la Corte non entrando nel merito della legittimità dell’opera ma solo sulla possibilità del pm di operare il sequestro preventivo e lo sgombero ha ritenuto inammissibile il ricorso per cui attendendo le motivazioni della Cassazione si è arrivati alla situazione di oggi.
Voglio evidenziare che il processo è ancora al primo grado di giudizio, sono stati sentiti tutti i testi del PM, ma non ancora quelli della difesa. Dopodiché ci sono ancora un secondo e un terzo grado di giudizio. Lo sgombero per aggravio del carico urbanistico il PM ha facoltà di richiederlo, ma non è obbligato in tal senso. Tant’è che in Campania dati Legambiente ci sono migliaia di case abusive senza nessun titolo edilizio con sentenze passate in giudicato che dovrebbero essere sgomberate ma non sono stati disposti ordini di sgombero. Alcuni casi ci sono anche in penisola sorrentina e anche per essi non mi risulta sia stato disposto lo sgombero.
L’aspetto assurdo di questa vicenda è che c’è lo sgombero con un titolo edilizio ancora valido e mai revocato ancora prima che si giunga al giudizio di primo grado che, anche se fosse negativo, prevede un secondo e un terzo grado di giudizio per cui si potrebbe verificare la circostanza che le famiglie vengono sgomberate e che queste possano ottenere una sentenza favorevole alla fine del processo.
Se anche nei gradi successivi venisse dimostrata l’illegittimità dell’opera, l’immobile verrebbe confiscato c’è la facoltà di acquisirlo a patrimonio comunale e in quel caso il comune dopo bando pubblico assegnerebbe le case a chi ne ha bisogno fra cui gli stessi che ora vengono sgombrati.
Per cui non capisco perché si debbano sgomberare oggi queste famiglie che non hanno nessuna colpa senza attendere lo svolgimento dei processi?
Lo ripeto: le famiglie sono innocenti, non hanno nessuna colpa, hanno partecipato a un bando comunale confidando nel Comune, sovrintendenza, Regione che ha emanato la legge tutti enti dello Stato, sono entrate nell’immobile dopo la sentenza del Riesame, non hanno un altro posto dove andare a vivere.
Da due anni e mezzo non faccio più il sindaco, questa vicenda dell’housing è stata straziante soprattutto per le famiglie e ha coinvolto me in prima persona che da sindaco come buon padre di famiglia ho cercato in base a leggi regionali e confidando in pareri tecnici e legali solo di dare la possibilità a cittadini di Sant’Agnello di farsi la prima casa e sono stato anche imputato in questo processo per abuso d’ufficio dal quale da più di un anno sono uscito, ma sono totalmente vicino a queste famiglie e, per me come per loro, questa è una grande sofferenza.
Avrei voluto parlare alla fine dei tre gradi di giudizio, quando si sarà verificata la legittimità o meno del titolo edilizio, ma la vicenda dello sgombero delle famiglie, anche alla luce di tutto quello che si sta dicendo a riguardo, mi hanno spinto a ricostruire la storia sin dall’inizio, perché si è realizzato l’housing e perché le famiglie coinvolte non hanno alcuna responsabilità nella vicenda giudiziaria che ne è scaturita.
Sappiamo bene che in penisola sorrentina c’è il problema casa è molto grave, tanti giovani sono costretti a lasciare le proprie cittadine perché lo sviluppo irrefrenabile del turismo ha visto trasformate tante case in B&B. Col progetto dell’housing si è pensato e cercato di dare una risposta a questo fabbisogno oggettivo della nostra comunità. Il Comune di Sant’Agnello aveva un PEEP che risale alla fine degli anni ’90 e che prevedeva la realizzazione di edifici o cooperative edilizie o alloggi di edilizia economica e popolare a via San Martino dove poi è stata realizzata l’housing sociale in una zona che prevedeva l’edificabilità. Confido e credo fortemente nella Magistratura e in una giustizia che sia giusta ma anche umana e sono vicino alle famiglie coinvolte in questa triste vicenda, auspicando che si riesca a trovare una soluzione almeno fino allo svolgimento dei tre gradi di giudizio.




