Gli occupanti gli appartamenti dell’housing sociale di Sant’Agnello hanno diffuso una nota per chiarire una volta per tutte quella che è la loro posizione in merito alla vicenda.
Di seguito il testo integrale diffuso dal Comitato Housing Sociale Sant’Agnello.
Nel 2016 il Comune di Sant’Agnello (NA) ha indeto un bando di edilizia residenziale sociale, per l’assegnazione di n.53 alloggi a prezzi calmierati. Si trattava di un’iniziativa già prevista dai piani regolatori sull’edilizia sociale che ancora residuava costruire a Sant’Agnello.
Tale iniziativa ha rappresentato per tutti noi, nel momento in cui abbiamo partecipato, una delle poche soluzioni per l’acquisto della prima casa lì dove siamo nati, lì dove siamo cresciuti, lì dove abbiamo le nostre radici, in penisola sorrentina, un contesto che ormai, dal punto di vista immobiliare è diventato un coacervo di attività extralberghiere, dove le stesse agenzie immobiliari ormai comprano e affittano appartamenti per trasformarli in b&b e affittacamere, rendendo di fatto impossibile trovare un alloggio.
Dal 2016 ad oggi la situazione immobiliare in penisola è ulteriormente degenerata, tanto che, ad oggi non vi è più alcuna possibilità di acquistare o affittare abitazioni a prezzi accessibili a persone Normali.
Normali sì, perché noi siamo normali cittadini, con redditi di persone normali, con famiglie, con figli, con animali domestici, con lavori normali. Non siamo politici, non siamo ricchi ereditieri, non siamo raccomandati, e non siamo mai stati in “combutta” con nessuno.
Ma sopratuto, lo urliamo e lo urleremo a testa alta finché ne avremo la forza: Noi non siamo mai stati in mala fede.
Siamo cittadini di Sant’Agnello, e nel 2016 abbiamo creduto e ci siamo fidati di un’iniziativa del nostro Comune, un Ente di Stato, lo Stato a cui, ogni giorno paghiamo regolarmente le tasse, l’Istituzione che rispettiamo e sulla quale abbiamo ritenuto di poter credere molto più che se, nel 2016, anziché partecipare al bando pubblico, avessimo acquistato un alloggio con una compravendita privata.
Dopo essere stati chiamati per l’acquisto della nostra prima casa, e aver pagato anticipi sul costo di costruzione pari al 60% del costo totale dell’immobile (importi tra 150.000 e 200.000 euro a famiglia), eravamo, nel febbraio 2020, in procinto di prendere le chiavi di casa a seguito dell’accensione dei mutui e rogiti notarili.
A solo una settimana dall’inaugurazione, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, decise, di attuare un sequestro preventivo d’urgenza, sostenendo che la procedura di realizzazione del complesso non fosse regolare. In quel momento le nostre vite sono sprofondate nel vuoto. Avevamo già abbandonato le pregresse condizioni abitative (abitazioni inadeguate ai nostri nuclei familiari, soluzioni d’appoggio, addiritura b&b, contratti transitori), e avevamo investito tutti i nostri risparmi per gli anticipi versati. Una situazione già all’epoca paradossale, considerando che il complesso fu realizzato a seguito di un lungo iter progettuale e permessistico dove furono coinvolti Enti di Stato a tutti i livelli (Comune, Soprintendenza, Regione ecc…) con pareri espressi favorevoli. Tutto sequestrato con enormi ritardi rispetto all’iter di realizzazione, ad abitazioni ormai pronte e con tutti i nostri soldi ormai investiti in esse.
A seguito dei successivi ricorsi della società di costruzione, nel maggio 2021 il Tribunale del Riesame di Napoli dispose il dissequestro dell’immobile. A quel punto si aprì la possibilità, per noi, di entrare finalmente nelle case, e uscire da situazioni di emergenza abitativa non più ulteriormente sostenibili, soprattutto a seguito delle enormi difficoltà seguenti al sequestro di febbraio 2020.
In 38 famiglie su 53 decidemmo di stipulare i contratti per iniziare a utilizzare gli appartamenti. Un iter in cui abbiamo dovuto individuare accordi economici con il costruttore, che hanno richiesto del tempo, visto che il costruttore pretendeva ulteriori importanti esborsi economici, non mutuabili. Ma nel marzo 2022, subentrò un nuovo sequestro del complesso, e 15 famiglie che ancora a quel momento non avevano chiuso l’accordo per entrare, sono rimaste fuori.
Da quel momento la Procura di Torre Annunziata ha attuato qualsiasi misura per sgomberarci, ritenendo che noi fossimo in mala fede, addirittura descrivendo il nostro ingresso nelle abitazioni come un “colpo di mano”.
Questo è profondamente umiliante per noi, persone oneste, persone perbene, lavoratori che hanno fatto una scelta ovvia e inevitabile: iniziare a utilizzare le abitazioni per le quali si era investito ogni risparmio, nell’immediata e urgente necessità di avere un tetto sulla testa, rispetto a fatiscenti dimostrabili condizioni di partenza.
Per respingere l’ordinanza di sgombero a seguito del nuovo sequestro intervenuto nel maggio 2022,
proponemmo al Gip dell’epoca un incidente di esecuzione. Il Gip ci diede totalmente ragione, nel luglio 2022, ritenendo lecite e logiche le procedure attuate per il nostro ingresso nello stabile, nonché la nostra totale buona fede. Sospese quindi l’ordinanza di sgombero fino a sentenza definitiva (cioè fintanto che il processo penale in corso tra costruttore, Comune di Sant’Agnello e Procura non fosse definito fino a giudizio definitivo).
Scelta logica e Costituzionalmente corretta, perché fintanto che non vi sarà un giudicato definitivo sul processo penale in corso (fino alla Cassazione), i titoli rilasciati per l’immobile sono validi, e l’immobile non può essere considerato abusivo.
Scelta logica anche per noi, poiché proprio per tale ragione, fino a quando non si definirà il processo stabilendo se gli immobili siano leciti o meno, se i titoli siano validi o meno, noi non possiamo ottenere alcun risarcimento economico. Perché, ad oggi, non si è ancora neanche definito il primo grado di giudizio, non ci sono colpevoli, ma solo e soltanto degli imputati e una “presunzione di reato”.
A seguito di ulteriori ricorsi della Procura sul provvedimento di sospensione dello sgombero del Gip, la Cassazione decise di restituire il provvedimento di sospensione a nuovo Gip ritenendo insufficienti le motivazioni del precedente inerenti al carico urbanistico (da valutarsi nel concreto, cioè nei numeri) dovuti all’occupazione dell’immobile da parte di noi assegnatari.
Venne quindi svolto un nuovo incidente di esecuzione, dove un nuovo Gip decise (incredibilmente) di stralciare totalmente il precedente provvedimento di sospensione, ribaltando totalmente la decisione,
ritenendo di ripristinare l’esecutività dello sgombero, e ritenendo (senza entrare nel concreto, cioè nei numeri, come richiesto dalla Cassazione) che la nostra presenza nell’immobile, in senso puramente “astratto” cioè non calcolato, rappresentasse a prescindere un aggravio del carico urbanistico, tale da giustificare lo sgombero.
A quel punto siamo stati costretti, peraltro con ingenti spese legali a nostro carico, a proporre un nuovo ricorso in Cassazione, opponendoci in particolare alla mancanza di verifica, in concreto, del carico urbanistico dovuto alla nostra presenza nello stabile (calcolo che, dimostrabile nei numeri, evidenzia come il numero di occupanti sia assolutamente inferiore a quello previsto dalla pianificazione urbanistica dell’area, e pertanto non in aggravio di carico).
La Procura Generale della Corte di cassazione, esaminato il nostro ricorso, predispose una nota per la Corte dove si evidenziava la totale fondatezza della nostre ragioni, e pertanto chiedeva alla Corte di accoglierle.
Ciò nonostante, la Corte di cassazione ha ritenuto inammissibile il nostro ricorso, condannandoci peraltro al pagamento di un’ammenda.
Oggi, pertanto, la Procura di Torre Annunziata, ci sta notificando ordinanza di sgombero a 60 giorni, con data ultima 20 dicembre 2025 (nei giorni di Natale), ribadendo peraltro nel loro comunicato stampa, che siamo in mala fede.
Tutto ciò è paradossale, tutto ciò è umiliante.
Noi abbiamo creduto nello Stato, abbiamo creduto in un’iniziativa pubblica, vi abbiamo investito ogni
sacrificio, ogni risparmio. Una giustizia lenta, lentissima, nel valutare le procedure di realizzazione dell’immobile, è intervenuta sequestrando tutto quando ormai avevamo investito noi, quando a rischiare eravamo solo noi. Non il Comune, non il costruttore. E quando, a seguito di contorti iter giudiziari, vi sono state le possibilità legittime e trasparenti per entrare nell’immobile, ci siamo avvalsi di tale possibilità, perché per noi era l’unica soluzione, non avevamo un piano B, e non lo abbiamo neanche oggi.
La Procura di Torre Annunziata sta sgomberando 38 famiglie innocenti.
Stanno mettendo per strada oltre 100 persone che non hanno nessuna colpa, vittime dello Stato contro lo Stato.
Non abbiamo alcuna soluzione, non sappiamo dove andare a vivere, non abbiamo alcuna possibilità.
Stanno distruggendo le nostre vite e il futuro dei nostri figli.
Chiediamo a tutti di sostenerci, chiediamo a tutte le Istituzioni coinvolte di mettere fine a questo calvario.
Lo sgombero va immediatamente sospeso fino a quando non si sarà definito il processo, noi siamo vittime da tutelare, non da distruggere.
La casa è un diritto costituzionalmente garantito, e se siamo in uno Stato dove vige il principio del garantismo, non possiamo essere sbattuti per strada solo sulla base di una presunzione di reato, senza una sentenza definitiva.
Nella Costituzione italiana il diritto all’abitazione è richiamato all’art. 47 e in ripetute sentenze della Consulta:
• è doveroso da parte della collettività intera impedire che delle persone possano rimanere prive di
abitazione (n.49/1987);
• il diritto all’abitazione rientra infatti, fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione (Corte cost., sent. n. 217 del 1988);
• il diritto a una abitazione dignitosa rientra, e innegabilmente, fra i diritti fondamentali della
persona (Corte cost. sent.n.119 del 24/03/1999).