Il mito di Achille in chiave Kabuki al Giappo di Castellammare

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Questa sera, alle ore 21, al Giappo Castellammare, va in scena Cristian Izzo in “Achille – Sulla semidivinità”, la maschera Kabuki giapponese e il mito occidentale. Il Kabuki è un genere teatrale giapponese, nato nel 1600, dalle danze eseguite unicamente da donne, lungo il fiume nella città di Kyoto. È considerato un genere popolare e contrapposto al “nō”, il dramma aristocratico. Il trucco che maschera il volto degli attori, esprime il loro stato d’animo; gli attori si muovono fissandosi in delle figure ben precise, delle “pose” chiamate “mie”. Come tutto il teatro orientale ha una natura fortemente rituale; la stessa recitazione degli attori è tutta cantata – basata sul mantra e sulla ripetizione del suono.

La leggenda del Grande guerriero greco è celeberrima. Invulnerabile in tutto il corpo, tranne che per il tallone, per-ché immerso dalla madre Teti nel fiume Stige; alla madre viene rivelato che il destino del figlio sarà di morire a Troia, in battaglia, così ella lo nasconde sotto vesti femminili a Sciro, ma Ulisse lo scopre e il ragazzo è costretto a prendere parte alla guerra. Pur in conflitto col proprio Re, Agamennone, conduce i greci alla vittoria finché lo stesso Re non gli nega il bottino di guerra, causando la sua ira e la sua rinuncia alle armi. L’assassinio del cugino Patroclo lo richiama in battaglia, per vendicarsi di Ettore, principe di Troia. L’Iliade si chiude con Achille che restituisce il corpo esanime di Ettore al padre Priamo, Re di Troia – ma da altre fonti sappiamo che egli morì in battaglia a Troia, trafitto da Patroclo con una freccia al tallone. La profezia sulla sua fine si è avverata.

Il lavoro di commistione e contaminazione fatto, mette in relazione quello che è il primo grande poema epico della letteratura occidentale, l’Iliade, con quelli che sono il codice e la tradizione del teatro giapponese, come espressione della cultura orientale. La maschera Kabuki dai tratti rossi, espressione dello stato d’animo della furia, veicola la famosa “ira d’Achille”, il passo più conosciuto del poema Omerico. Alla base di questa connessione, prodotta da uno studio lungo e profondo, la vicinanza tra il “poeta tragico” della Grecia pre-ellenica, sacerdote e cantore di versi dal suono preciso, capaci di produrre mantra ipnotici e catartici: una visione rituale e religiosa del teatro che è l’anima del Kabuki e di tutti i generi teatrali dell’Oriente. L’attore-cantore, il suono prima della parola-significato; ma anche una grande discrepanza, che rende questa performance un esperimento rarissimo: la fusione di un genere popolare, che si occupa del quotidiano, con uno dei miti più importanti della storia della nostra civiltà. “Sulla semidivinità” è tutto l’Oriente che sta all’origine dell’Occidente” ed è anche una riflessione sul destino e sulla profezia.

di Maria Elefante

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