Al Capo di Sorrento festa per il 60° di sacerdozio di don Antonino Persico

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SORRENTO. Il Capo di don Antonino. Se sulla terra si facessero le cose giuste, quelle meritate, quelle dove l’unico sentimento capace di muoverle è la riconoscenza, allora il Capo di Sorrento dovrebbe diventare il Capo di Don Antonino Persico. Oggi i sessant’anni di sacerdozio, cinquantasette trascorsi nella sua comunità. L’arcivesco Francesco Alfano sarà accanto a lui per celebrare questa ricorrenza nella terra tanto amata da personaggi della storia passata e recente. Pollio Felice, la Regina Giovanna, Massimo Gorkij, Gaetano Salvemi, la principessa D’Aosta, le duchesse di Serracapriola, tanto per citarne alcuni. Tutti scelsero la quiete di questo lembo di terra che divide Sorrento da Massa Lubrense per riposare, per godere degli scogli della Solara o più semplicemente, per studiare.

Per don Antonino, invece, il Capo ha rappresentato voglia di donare agli altri, voglia di mettere la Chiesa al centro di tutto e di tutti. E ci è riuscito. Lo ha fatto in silenzio, aiutato solo dai suoi parrocchiani, dalle famiglie che lo hanno sempre considerato padre, parroco, pastore. Nono di tredici figli la chiamata del Signore arrivò prestissimo per don Antonino. Aveva solo quindici anni quando per lui si aprirono le porte del seminario arcivescovile di Sorrento. E qualche anno dopo, nel 1957 prese i voti nella Cattedrale di Sorrento dall’arcivescovo Carlo Serena. Pochissimi anni vice parroco a Bonea di Vico Equense e subito dopo il trasferimento al Capo per succedere al don Lino Vacca chiamato ad un importante incarico in Vaticano.

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Per don Antonino, nato nella vicina frazione di Priora, il Capo era la sua terra. Le famiglie lo accolsero come uno di loro, molti lo conoscevano da ragazzo che col carrettino dello zio trasportava fascine per contribuire al bilancio familiare. Ma ora era don Antonino e ben presto dovettero misurarsi con la voglia di fare del giovane sacerdote che, intanto, continuava a studiare e ad assumere ruoli importanti nel governo dell’Archidiocesi.

Don Antonino scopri ben presto che con la volontà e la determinazione si poteva fare tutto. Il suo cruccio quotidiano era la Chiesa del Santo Rosario situata proprio nella piazzetta del Capo. Cadente, troppo piccola e, per di più, con un ingresso pericolosissimo proprio nella curva più brutta della provinciale Sorrento-Massa Lubrense. Don Antonino intuisce che è l’ora di cambiare. Convoca i capifamiglia e forma un comitato: un piccolo obolo giornaliero di ogni famiglia sommato alle donazioni di quelle più facoltose potevano dare al Capo una nuova Chiesa.

Fu così che don Antonino si ritrovò un bel giorno con l’arcivescovo Raffaele Pellecchia. a inaugurare la nuova Chiesa realizzata tutta, propria tutta, dai suoi parrocchiani come ebbe a dire la compianta segretaria Anna Maria che in un quaderno aveva scrupolosamente annotato tutte le lire raccolte, una per una. E non basta. Negli anni il complesso parrocchiale è stato ampliato e oggi, grazie sempre ad un parroco testardo, la Chiesa ha un auditorium, una biblioteca, un centro per la pastorale familiare, un parco giochi. Don Antonino per il Capo è questo, è il parroco a cui nessuno sa dire di no e a cui devono dire grazie nonni, genitori e figli che hanno appreso da lui la catechesi della Chiesa e quella della vita.

di Antonino Pane da Il Mattino

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