Muore uomo sul treno

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Ore 7 e 21: il treno dei pendolari lascia la stazione di Sorrento. Il convoglio è composto da due carrozze. Vagoni affollati soprattutto da pendolari, persone che si recano a Napoli o nella zona vesuviana per lavoro o per studio.

Molti si conoscono, altri hanno stretto amicizia proprio durante quei viaggi quotidiani gomito a gomito. Una routine che ieri mattina si è spezzata. Poco dopo aver lasciato la stazione di Piano di Sorrento, uno dei passeggeri seduti negli ultimi posti in fondo al treno si accascia e perde i sensi. Sono attimi concitati. Molti si fanno prendere dal panico, ma chi riesce a conservare ancora un poco di sangue freddo chiede a gran voce se a bordo c’è un medico. Per fortuna il medico c’è. Anzi ce ne sono due. Immediatamente si portano in fondo al treno e dopo aver adagiato l’uomo sul pavimento del vagone cominciano a praticargli le manovre di pronto soccorso: massaggio cardiaco e respirazione bocca a bocca. Gli altri passeggeri osservano con il fiato sospeso.

Intanto è stato avvertito il macchinista che ferma il convoglio alla stazione di Meta. Qui la vittima del malore viene trasportata a terra ed adagiata su di una panchina. I tentativi di rianimare l’anziano continuano e dopo pochi minuti sopraggiunge un’ambulanza del 118. I sanitari caricano l’uomo su di una lettiga e lo portano nel mezzo di soccorso. Usano il defibrillatore nell’estremo sforzo di salvargli la vita, ma è tutto inutile. L’uomo non si riprenderà più e raggiungerà l’ospedale di Sorrento già privo di vita. Al nosocomio sorrentino, intanto, giungono anche i carabinieri del capitano Leonardo Colasuonno. L’uomo viene identificato grazie ai documenti che ha in tasca. Si tratta di A.D.A., un pensionato di 74 anni che vive nella parte alta di Sorrento.

I sanitari dichiarano che si tratta di morte naturale, probabilmente un infarto. Allora i militari, d’accordo con il pubblico ministero di turno alla procura di Torre Annunziata decidono che non è il caso di approfondire l’accaduto. Non c’è bisogno di autopsia e la salma viene consegnata ai familiari. Intanto il treno ha ripreso la propria corsa alla volta di Napoli. Negli occhi delle centinaia di persone che in quel momento si trovano a bordo del convoglio rimangono, però, impresse le immagini di quei drammatici momenti in cui hanno visto A.D.A. riverso su una panchina della stazione di Meta. E serpeggia un interrogativo: se a bordo del vagone ci fosse stato un defibrillatore questa tragedia era evitabile? «Ho seguito un corso di primo soccorso ed ho imparato ad usare gli apparecchi salvavita – commenta Vincenzo Califano, un giornalista che viaggiava nello stesso vagone dell’uomo deceduto -. Quando l’ho visto accasciarsi ho pensato di intervenire, ma poi ho lasciato fare ai professionisti. Con un defibrillatore forse l’anziano poteva salvarsi? Non lo so ma certo sarebbe stato utile in questa circostanza, però ci sarebbe anche bisogno di chi fosse in grado di utilizzarlo». Ma quello che lascia più sconcertato Califano è l’atteggiamento di alcuni viaggiatori. «Sono rimasto basito – spiega – quando un ragazzo, nonostante l’uomo fosse ancora sdraiato sulla panchina della stazione di Meta, ha urlato al macchinista: “cosa aspetti a ripartire?”».

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