La morte del 20enne a Positano, le angosce dei genitori

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La morte di Nicola Marra, il 20enne ritrovato privo di vita in un vallone di Positano dopo la notte di Pasqua trascorsa in un locale della zona ha messo in luce ancora una volta il disagio dei giovani. Difficoltà nel relazionarsi con gli altri che i ragazzi tentano di superare rifugiandosi nello sballo offerto da alcol e droghe. Ed i genitori non sempre sanno cosa fare.

Di seguito pubblichiamo la lettera inviata da un papà preoccupato a Il Mattino. Il pensiero di un padre angosciato che invita a riflettere.

Molti ragazzi napoletani non dimenticheranno questa drammatica Pasqua. Tanti erano gli amici di Nico Marra, un ventenne pieno di vita, un promettente studente universitario, un figlio adorato. E non la dimenticheremo noi, genitori dei suoi amici, sonnambuli delle notti, in perenne attesa di un messaggio quando vanamente tentiamo di connetterci ad una linea telefonica che non ha mai campo. Noi genitori, incapaci di resistere alla travolgente vitalità dei nostri figli, alla loro impazienza e voglia di esserci sempre, ad ogni festa, che loro qualificano come evento, sia essa il compleanno di un amico oppure una serata, oggi a Positano, domani ad Ischia, dopodomani a Capri o a Roccaraso. Stavolta è capitato a Nico, domani chissà, perché Nico poteva essere il figlio di noi tutti.

E allora? E allora non possiamo rassegnarci ad assistere a questa roulette russa, che mette a rischio ogni sera la vita dei ragazzi. Perché ogni sera sono esposti allo stesso rischio, ma non abbiamo soluzioni. Presto si chiariranno anche le cause immediate della morte di questo ragazzo, ma non ci saranno risposte alle nostre domande. Aveva bevuto un po’ troppo? Lo fanno tutti i nostri figli. L’open bar è la condizione perché ogni festa possa riuscire, il cicchetto coinvolge tutti, bere suscita allegria, non partecipare alla euforia da alcool qualifica un ragazzo come uno sfigato ed una ragazza come una monaca. Non c’è via di uscita. Era confuso per aver fumato? Lo stesso vale per una cannetta, anche solo una, tanto non fa male, pensano loro, e serve soltanto a predisporre al divertimento.

E allora? Poco o nulla da aggiungere; i nostri bravi ed irreprensibili ragazzi lasciano i libri, anestetizzano il buon senso, si travestono, mai prima di mezzanotte, i maschi in jeans e camicia bianca, le femmine, in ogni stagione, in fatali copricostume su trampoli da circo equestre e vanno al raduno nella notte leggera e profonda, senza pregiudizi, né preclusioni, senza pensare a come e con chi andare e tantomeno a come e con chi tornare. Nessuno li può fermare; non c’è raccomandazione che tenga, non c’è impedimento che regga, non c’è privazione economica che li scoraggi.

Non ci stanchiamo di parlargli, ogni sera, mentre assistiamo già assonnati alla loro uscita da casa, ma ogni richiamo al buonsenso è retorica, ogni presa di posizione è un muro che impedisce il dialogo, ogni minaccia di punizione è una certezza di indulto. Ci resta, per sperare che qualcosa cambi e che un giorno escano per divertirsi a ballare senza sballo. Ci resta soltanto l’esempio e l’amara favola di Nico, il ricordo della tragica fine del meraviglioso amico, uno di loro.

Luigi Tuccillo

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