Demolizione abusi, la Corte Costituzionale boccia la Regione Campania

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Gli immobili abusivi, una volta entrati nel patrimonio dei comuni, devono essere demoliti e solo in via eccezionale, dopo una valutazione del singolo caso, possono essere conservati. Si basa su questo principio fondamentale del “governo del territorio”, contenuto nel Testo Unico sull’edilizia, la sentenza numero 140 della Corte costituzionale, depositata ieri, con la quale la Consulta ha dichiarato incostituzionali le disposizioni della legge della Regione Campania 19/2017 sulla conservazione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio dei comuni, nella parte in cui consentivano ai comuni stessi di non demolire questi immobili – in particolare locandoli o alienandoli anche ai responsabili degli abusi – senza attenersi al principio fondamentale del Testo Unico sull’edilizia.

I giudici della Corte hanno stabilito che il legislatore statale, “in considerazione della gravità del pregiudizio recato all’interesse pubblico” dagli abusi urbanistico-edilizi, ne ha imposto la rimozione, con il conseguente ripristino dell’ordinato assetto del territorio, “in modo uniforme in tutte le Regioni”. Quanto alla possibilità di locare o alienare gli immobili acquisiti al patrimonio comunale a seguito dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, qualunque sia il soggetto destinatario, quindi anche l’eventuale occupante per necessità,  l’articolo 2 della legge Campania n. 19/2017 la rendeva un “esito normale”. Così facendo, però, la norma violava il principio fondamentale della demolizione nonché quello della conservazione, in via eccezionale, soltanto se, tenuto conto di tutte le circostanze del caso, vi sia uno specifico interesse pubblico prevalente rispetto al ripristino della conformità del territorio alla normativa urbanistico-edilizia, e sempre che la conservazione non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico.

La sentenza della Coste Costituzionale, pertanto, chiarisce che il “disallineamento” della disciplina regionale rispetto al principio fondamentale della legislazione statale, che individua nella demolizione “l’esito normale” dell’edificazione di immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale, “finisce con intaccare e al tempo stesso sminuire l’efficacia anche deterrente del regime sanzionatorio dettato dallo Stato all’articolo 31 del Dpr n. 380/2001” incentrato sulla demolizione dell’abuso, “la cui funzione essenzialmente ripristinatoria non ne esclude l’incidenza negativa nella sfera del responsabile”. L’effettività delle sanzioni, ha osservato la Consulta, risulterebbe “ancora più sminuita nel caso di specie, in cui l’interesse pubblico alla conservazione dell’immobile abusivo potrebbe consistere nella locazione o nell’alienazione dello stesso all’occupante per necessità responsabile dell’abuso”. In tal caso, l’illecito urbanistico-edilizio si tradurrebbe in un vantaggio per il trasgressore.

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